Nonostante la radicata convinzione che l’edificio della Chiesa costituisca sempre il luogo di accentramento urbano e di sua corrispondente espansione cittadina, questa idea ha rappresentato un aspetto effettivo soltanto per alcune epoche storiche, e in località specifiche; ma per altre condizioni contingenti (politiche, economico-commerciali, e di progetto urbanistico) ha preso sovente altre forme e modalità di propria definizione contestuale, consistenti in alternative espressioni di differente de-centralismo
“A partire dal Duecento le Cattedrali finirono con l’identificarsi con le città al centro delle quali venivano innalzate. […] Fisicamente posta, di norma, al centro delle maggiori città, ove si veniva sempre più massicciamente concentrando la vita sociale ed economica del tempo e si installavano le sedi del potere laico, la Cattedrale si identificava […] in un solo grande edificio, dominante il tessuto urbano” (Angiola Maria Romanini, Cattedrale, in ‘Enciclopedia dell’Arte Medievale’ Treccani, 2013)
Non sempre quello che appare, o che si crede giusto, costituisce un fatto di condizione e verità universale, fermo e indubitabile. E nel caso della presunta certezza di un fenomeno che per tradizione o abitudine viene generalizzato, e tenuto convenzionalmente e acriticamente in circolazione, sovente esso si rivela parziale, limitato e rivedibile, alla più attenta analisi di una semplice o approfondita verifica storico-gnoseologica.
Il caso della centralità dell’edificio templare in una località insediativa (città o paese) quale elemento certo dello sviluppo urbanistico, è una concezione portata agli estremi da opinioni e convinzioni generiche, ma che si manifesta sostanzialmente inesatta perché divenuta assolutamente vera nella immaginazione ideologica (la falsa consapevolezza di cui ha scritto il filosofo tedesco ottocentesco Carlo Marx a proposito delle invenzioni mentali) della tradizione del sapere comune.
Controllare dunque l’accettabilità di questa asserzione con una più specificata indagine oggettivo-critica è lo scopo di questo saggio, per determinare invece la più accertabile consistenza conoscitiva del problema in questione nei suoi reali aspetti concettuali e materiali
Centralismo (storico e tradizional-convenzionale) del Tempio
Sicuramente, nel Medioevo europeo soprattutto, e nel primo Rinascimento parzialmente, il centro urbano delle città è stato, praticamente ed idealisticamente, l’edificio della Chiesa (e lo spazio della sua antistante Piazza): in epoca medievale, risolvendosi nella evoluzione cittadina concreta, che spontaneamente si raccoglieva a mandorla intorno al piazzale del tempio cristiano riconoscendone la priorità istitutiva e fisica (inizialmente con l’erezione delle grandi basiliche romaniche, quale è stata la Cattedrale di Nîmes in Francia, costruita, nel 1009/12-1096/1163, al centro dell’antico perimetro romano-medievale e rimasta – nonostante la sua contenuta altezza e volumetria – sempre preminente nel tessuto urbano fino alla sua fagocitazione metropolitana odierna) [Figure 1-2-3-4-5].


Figure 1-2 – Il Piano della Città di Nimes e dei suoi Abbellimenti secondo il progetto “del Messere Reymond” Jean-Arnaud “Architetto del Re e della Provincia di Linguadoca” presentato nel 1785, “rilevato e disegnato dal Signor Labrunne” Pierre, cartografo, e inciso da Charles Maugein (foto di Corrado Gavinelli 2024: indicazione da adesso in poi segnalata con la sigla fCG e l’anno di ripresa) [sopra]. Ancora alla fine del Settecento si può osservare la piena centralità della Chiesa cittadina (rettangolo nero nel dettaglio della mappa) [sotto] dedicata a Nostra Signora e a San Castoro nel contesto cittadino medievale a mandorla derivato dall’impianto romano deformato nei secoli successivi.


Figure 3-4 – La Chiesa originaria, romanico-gotica (costruita nel 1009/12-1096/1163), possedeva un discreto piazzale (come lo ha illustrato, forse un poco troppo ampiamente, il pittore francese Ferdinand Pertus nel 1912 nel proprio dipinto Il Matrimonio Mistico di Ramoun De Saint-Gilles, Conte di Tolosa, con la Cattedrale, mostrante la consacrazione del tempio nel 1096 alla presenza delle autorità religiose e laiche: fCG 2024) [sopra]: grande sagrato dove si svolgevano i maggiori eventi di culto e civici di allora. Nelle foto restanti, la situazione attuale della chiesa nimense in uno scatto di Marc Kérignard (Chiesa Cattedrale di San Castoro a Nimes – Veduta della Chiesa nella Facciata Occidentale, senza data, ma – forse – del 2012) [sotto], ed il suo inglobamento nel tessuto cittadino moderno e contemporaneo (Ufficio Grafico di Saint Albans, Nimes, 1954: fCG 2024).

Fig. 5 – Questa mappa, stampata dagli editori scozzesi McLagan e Cumming di Edimburgo, mostra la completa sparizione della centralità urbana della Chiesa nimense in sèguito alla disordinata espansione metropolitana avvenuta fino a dopo la Seconda Guerra Mondiale) [Fig 5]
E soprattutto con le successive imponenti cattedrali gotiche (di cui eclatante esempio tipico si ritrova nel Duomo di Nostra Signora ad Amiens, anche esso francese, realizzato – tra il 1220 ed i1 1270/88 dai canonici locali Robert De Luzarches con il confratello Thomas De Cormont e concluso dal figlio di costui Regnault – sempre dominante, ancòra adesso, sul circostante contesto urbano) [Figure 6-8].



Figure 6-8 – La straordinaria imponenza volumetrica della Cattedrale di Amiens in Francia, di periodo gotico tardo (costruita tra il 1220 ed i1 1270/88 dai canonici locali Robert De Luzarches con il confratello Thomas De Cormont e conclusa dal figlio di costui Regnault), nei confronti del tessuto urbano che le è cresciuto intorno nei secoli, in tre immagini significative: nella sua qualità di chiesa centralmente dominante, per localizzazione e architettura, sulla città (Fotografo Anonimo di Wikipedia, Veduta Aerea della Cattedrale di Amiens, 2015) [sopra], nella sua permanente autorità storica di elemento urbano determinante per lo sviluppo cittadino (Autore Ignoto, Cattedrale di Amiens – Parte Laterale di Settentrione, 1865) [in mezzo], e nella propria costante persistenza suprema anche nel modificato contesto moderno e contemporaneo (Laurent Rousselin, Veduta Aerea di Amiens, Wikimedia senza data) [in basso]
Invece, nella concezione dei disegni delle nuove Città Ideali rinascimentali, l’abitato urbano si organizzava, nella pianificazione planimetrica (e anche nelle evidenze architettoniche), in relazione obbligata con il posizionamento centrale dell’area stabilita dalla presenza degli edifici pubblici del potere, non più solamente ecclesiale ma anche civico, di varia tipologia (come mostrano i casi eccellenti, ed eccelsi, della Sforzinda dello scultore e architetto fiorentino/romano Antonio Averlino detto Filarete, progettata dal 1460 al 1464; o nella sua contemporanea cittadina di Pienza, realizzata – indipendentemente dalla precedente – tra il 1462 ed il 1466 a Corsignano in Toscana, dall’architetto locale Bernardo Di Matteo Gamberelli denominato Rossellino, costruita per volontà del Papa Pio II – che ha dato il proprio nome al nuovo insediamento – Andrea Silvio Piccolomini) [Figure 9-10 e 11-12].


Figure 9 e 10 – Il disegno schematico della Città Ideale di Sforzinda (così chiamata perché dedicata al Duca di Milano Francesco Sforza) eseguito dall’architetto fiorentino Antonio Averlino detto il Filarete (ovvero Amante della Virtù, o Il Virtuoso), nel quale, al centro dell’insediamento fortificato sono disposti i maggiori edifici pubblici (da sinistra in senso orario: l’Ospedale, il Corpo di Guardia della Milizia addossato al Palazzo Ducale, il possibile Banco Mediceo poi costruito nela piazza del Cordusio di Milano, La Torre dei Vizio e della Virtù, la Cattedrale, e infine altre varie costruzioni a corte, tra cui – forse – l’Arcivescovado) [sopra]; ed una Chiesa Turrita della città (una tra i tanti altri edifici di culto diffusi nel tessuto urbano della Città Ideale) [sotto]. Nel progetto rinascimentale della nuova sede signorile la centralità urbana non consiste più nel solo edificio religioso, bensì comprende una pluralità di costruzioni pubbliche, di culto e laiche, tutte rivolte omogeneamente al piazzale centrale


Figure 11 e 12 – Similmente è accaduto per la realizzazione della Città Ideale di Pienza, nel suo impianto di realizzazione e sviluppo: come si rileva da una calcografia di Disegnatore Ignoto (Pianta di Piazza Pio II, Pienza) datata al “1462” (anno di inizio della costruzione, finita nel 1466), pubblicata nel 1935 sul libro di Ludwig Heinrich Heydenreich (storico dell’arte tedesco esperto di Rinascimento italiano) [sopra], e dal rilievo cartografico di Daniele Giovanni Papi con Francesca Di Geronimo e Franco Forzani Borroni (Pienza, Pianta e Veduta Viaria) mostrante l’inserimento centrale delle esecuzioni rosselliniane nella evoluzione lineare del paese all’anno 2020 [sotto]. Nel progetto del Rossellino la Chiesa è disposta centralmente rispetto agli altri edifici nuovi esposti sul piazzale che la circoscrivono (da sinistra in senso orario: Palazzo Vescovile, Palazzo Piccolomini, Palazzo del Pretorio), e con loro condivide la preminenza urbana (come in Sforzinda) in una combinata presenza edilizia pluralmente importante che comincia a spartire le priorità di dominio socio-architettonico dei poteri rappresentati
E per la loro istituzione, a deciderne la priorità spazio-contestuale è stato il potere dominante, in quei casi sopra indicati, del Papato ecclesiale o della Signoria nobiliare (o di entrambi insieme).
In altre circostanze consimili, in epoca medievale, ma decise da altre organizzazioni politiche come le libere istituzioni comunali, nei loro insediamenti territoriali di nuova fondazione, il predominio ecclesiale o la concomitanza binaria di Chiesa e Stato ha definito una diversa condizione di crescita urbana, soprattutto per i luoghi fortificati di nuova istituzione autonoma del Borghi Franchi, così chiamati perché esenti da ogni imposizione superiore, papale o imperiale, che indifferentemente hanno privilegiato, nel loro istitutivo tessuto urbano regolare – a scacchiera – una sola prevalenza templare oppure una abbinata, separatamente, dominanza di edificio religioso e di Castello) [Figure 13 e 14].


Figure 13 e 14 – Anche nei progetti di pianificazione creati dal nulla (nelle ricostruzioni planimetriche del 2023/24 eseguite da Andrea Longhi, Professore Ordinario del ‘Dipartimento Interateneo di Scienze Progetto e Politiche del Territorio’ del Politecnico di Torino) dei cosiddetti Borghi Franchi (perché esentati da ogni dipendenza daziaria e gestionale del potere papal-imperiale) sorti nel Medioevo dei Comuni particolarmente in Piemonte e nel Vercellese, la centralità del tempio (chiesa cattolica) rimane esplicita e totale (come a Buttigliera d’Asti, fondata nel 1270) [sopra] ma in altri casi anche abbinata ad edifici del dominio politico (quale è il Castello/Ricetto di Caresana, borgo nuovo istituito nel 1255) [sotto]
Venendo così a determinare una attestazione binaria di autorevolezza urbana, fissa e tramandata, della Ecclesialità o dello Statalismo, che nelle condizioni della storia ha poi continuato a procedere in molti casi quale sorta di immutata regola di pianificazione urbana; in un tipo di convenzione distributivamente duplice (l’edificio di culto e la sede municipale), proseguita perfino nei tempi più recenti, anche dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale (unendo, nella piazza centrale di un abitato, particolarmente nei luoghi non cittadini ma di paese o frazione, entrambi i poteri preminenti di Tempio e Municipio).
Tale stabile assetto urbanistico di doppia (o sdoppiata) centralità ha così stabilito un ulteriore modello morfologico di centralismo negli abitati urbani non troppo evoluti urbanisticamente, e di consistenza popolazionale moderata; tanto resistente che ancòra oggi persiste in molti casi con immutata continuità ammodernata, e si ritrova spesso intatto nelle località di campagna e nei territori non densamente urbanizzati: un cui significativo esempio è riflesso nei filmati famosi del prete Don Camillo e del sindaco Peppone, in cui sulla piazza del paese la Chiesa cattolica e il Municipio laico si fronteggiano proprio una davanti all’altro, sul grande slargo squadrato del mercato e di ritrovo della gente [Figure 15 e 16].


Figure 15 e 16 – Il paese di Brescello (dove sono state effettuate le riprese dei filmati con il prete Don Camillo e il Sindaco Peppone) nella sua tipica contrapposizione di Chiesa e Sede del Comune, una opposta all’altra rispetto allo spazio della piazza (Piazza Matteotti, Brescello. Foto Arbalete/Wikimedia; e Fotografo Anonimo, Piazza Principale, senza data, ma 2024) [sopra e sotto], quali emblemi tipici della bipolarità di potere, ecclesiastico e civico insieme sebbene distinti, dominanti sul medesimo piazzale con le loro architetture specifiche
E che in una analoga configurazione spazio-architettonica concreta si può ancora più radicalmente ritrovare soltanto nei vecchi borghi rimasti isolati nella loro vetusta condizione storica, come quello di San Piero nell’Isola d’Elba, in cui lo spiazzo ecclesiale dominato dall’edificio del tempio cristiano (che non è soltanto un sagrato, bensì una pluri-disponibile area pubblica) si rivela il luogo globale di ogni esperienza civica degli abitanti del posto [Figure 17 e 18].


Figure 17 e 18 – Fotografo Anonimo, Piazza della Chiesa a San Piero, senza data; e Autore Ignoto, Sulla panca in pietra di fianco alla Chiesa a San Piero, non datato. Il piazzale del paese di questo isolato borgo sulla Isola d’Elba, dominato dall’edificio religioso di San Nicolajo (anticamente intitolata ai Santi Pietro e Paolo) [sopra], non è soltanto il sagrato del tempio, ma anche – e soprattutto – il luogo di partecipazione cittadina globale, di ogni evento anche civile (cerimonie, incontri di persone, feste popolari) [sotto]
Ma la concorde situazione storica di duplice dominio religioso e laico, che sopravvive nei microcosmi abitativi e non è più ritrovabile nelle grandi città e metropoli odierne e sviluppate, non sempre è stata tale nel mondo di civiltà occidentale: neanche in altre culture lontane, e non più di tanto note.
All’estero
Nella antica Cina, e nel Giappone (nazione questa che ha ricevuto dai Cinesi, sebbene trasformandole localisticamente, le più antiche caratteristiche di cultura e tradizione, e di antica pianificazione e forma urbanistica), il centro civico era costituito, sempre, dal Palazzo Imperiale [Figure 19, 20-21, e 22-23], tranne che per qualche caso di fondazione non regale ma attuata da famiglie dominanti di solito militari (shogun), come è avvenuto per la antica Edo (odierna Tokyo) [Figure 24-25 e 26].


Figure 19-21 – L’impianto planimetrico di Pechino in Cina nel suo periodo (1271-1368) di corrispondente medievalità occidentale, era quello di una città murata dominata totalmente, e solamente, dal Palazzo Imperiale, posizionato al centro dell’insieme urbano (Cartografo Sconosciuto, Pianta di Dadu – Pechino – durante la Dinastia Yuan, senza data: fCG 2024) [sopra]; in una configurazione urbana rimasta identica con l’evoluzione cittadina (Peggy Shi, Mappa della Città di Pechino Colorata, 1861: fCG 2024) [sotto], proseguita morfologicamente fino ad ogg,i e permanente anche atualmente nella sua caratteristica storicità epocale (Fotografo Anonimo con pseudonimo Choupi, della Piattaforma Telematica Fandom, Pechino, Veduta Aerea della Città Imperiale, senza data) [in basso]



Figure 22 e 23 – Analoga situazione si riscontra per le altre città cinesi anticamente importanti, come a Xian (vecchia capitale dinastica), con il Palazzo Imperiale al centro del tessuto urbano (Compagnia Informativa Hengyutu, Xi’an nel 1893) [sopra], riconoscibile anche nell’odierno caotico insieme topografico cittadino (Sam Kal, Mappa Vettoriale della Città di Xi’an, Shaanxi, Cina, senza data) che la ha avvolta nei secoli [sotto]. Entrambe fCG 2024



Figure 24-25 e 26 – In Giappone, un simile sistema di pianificazione di città non fondate dalla autorità imperiale ma da un potente nobile guerriero (shogun) si ritrova nella antica Tokyo, che si chiamava Edo (dal nome della famiglia clanica del suo primo abitante, il guerriero samurai Edo Shigetsugu, che nel 1174-76 vi costruì la propria residenza privata, protetta da mura difensive con torre al centro: Autore Sconosciuto, Tokyo-Edo, 1632; fCG 2024) [sopra]: una dimora che, variamente fortificata divenne nel Quattrocento un autentico Castello medievale, di genere giapponese con mura di pietra ed edifici difensivi a pagoda; che, quando il potente shogun Dokan Ota ne prese possesso, e si fece costruire nel 1457 un consistente maniero fortificato (proprio nel luogo dove ancòra adesso si trova il Palazzo Imperiale di Tokyo: Cartografo Ignoto, Pianta Tascabile di Edo, 1824) [in mezzo], il suo sito rimase di aspetto sostanzialmente invariato fino all’Ottocento (Utagawa Hiroshige, Il Tōkaidō, 1863) [in basso], nonostante tutti gli sviluppi urbani avvenuti al suo intorno con la crescita metropolitana della città moderna ed attuale. Tutte fCG 2024
E sebbene in queste civiltà asiatiche l’imperatore costituisse anche il capo religioso delle comunità abitate (e cittadine), i templi venivano però costruiti indipendentemente, in loro appositi luoghi appartati, in città e fuori, poiché costituivano posti importanti e consacrati a finalità speciali e riservate, da frequentare nella segretezza del raccoglimento spirituale, di culto e meditazione (e quindi con scarsa importanza per lo sviluppo cittadino) [Figure 27 e 28].


Figure 27 e 28 – Il Tempio Zhoujouji a Edo (nel dettaglio della mappa precedentemente citata del 1632: si veda la Figura 24) è uno dei più vecchi esempi di decentramento templare dalla città, con l’edificio religioso esterno alle mura urbane: costruito nel 1393-98 nella parte topografica nord-occidentale della città, fuori dai percorsi dei canali difensivi e oltre l’abitato periferico minuto, all’interno di un ritirato boschetto come prescrive la filosofia shintoista (ma anche soprattutto zenista) del contatto diretto e salubre con la natura, questo luogo è stato per altro uno dei maggiori centri taoistici di elaborazione speculativa sulle concezioni geomantiche del Feng-Shui (composizione equilibrata delle energie cosmico-terrene: fCG 2024) [sopra]. Nella immagine successiva, un famosissimo giardino giapponese a Tokyo, con il tempietto della Pagoda d’Oro (Rowan McDonald, Kinkaku-ji, 2008), costruito nel 1397 come villa per lo shogun Ashikaga Yoshimitsu, e divenuto poi, per volere del suo stesso proprietario alla propria morte nel 1408, luogo mistico di silenziosa meditazione e pratica zenista [sotto]
Altro aspetto poi di speciale pianificazione di città nuove storicamente recenti, in cui il predominio religioso ha contato certe volte di più, ed è stato espressamente ostentato ufficiosamente (mentre in altre circostanze i poteri della Chiesa e della Municipalità sono stati appaiati nel medesimo modo istitutivo, da soli, assieme, accanto, o in posizione contrapposta) sono le città di fondazione costruite nel Nuovo Continente, realizzate nelle Americhe: nel Cinque-Seicento nelle nazioni latino-americane, tramite l’opera solerte e imposta dei Gesuiti; e nella parte settentrionale – particolarmente negli Stati Uniti dei primi coloni europei tra Seicento ed Ottocento – negli insediamenti di libera proposizione (comprese le città del Far West).
E in tali casi, le modalità di pianificazione definivano impianti urbanistici compositivamente regolati, ma di differente disposizione: che nei modelli meso/sud-americani si basava sull’edificio di culto (ed i suoi annessi religioso/ecclesiastici) distinti dalle capanne del villaggio sistemate a schiere intorno ad una grande piazza centrale [Figure 29, e 30-31], mentre nei progetti dell’America del Nord (particolarmente statunitensi) seguivano il più facile disegno a reticolo ortogonale, con una piazza centrale ampia, riferita inizialmente al solo tempio, ma poi accomunati anche alle altre sedi della comunità (municipio, scuole, banca, posta, prigione) in varie forme tipiche e però sostanzialmente simili; diversamente però dalle casuali e dispersive città del Lontano Ovest, inizialmente lineari con edifici costruiti sulla strada principale, e poi di impianto diffuso, e altrimenti distribuito).



Figure 29 e 30-31 – La distribuzione delle Fondazioni colonico-missionarie dei Gesuiti nella America centro-meridionale (Luisa Elena Alcalà, Insediamenti Gesuitici nella Ibero-America, senza data, ma del 2001) [sopra], e due esempi urbano-architettonici di nuovi insediamenti in Argentina: nei quali con evidenza la Chiesa domina sulla piazza e sulle altre costruzioni (rielaborazione cromatizzata di Autore Ignoto – Rovine di Santo Ignazio Minì – ripresa dall’originale rilievo topografico dell’archeologo argentino Vicente Nadal Mora del 1949 – missione fondata nel 1610/11 su un preesistente villaggio indigeno, costruita poi in muratura tra il 1632 ed il 1696: fCG 2024) [sotto]; e nella mappa a colori del Villaggio della Candelaria di Autore Ignoto e senza data (ma del 1674/75), fondata nel 1627 (fCG 2024)
Le città attuate su una scacchiera rigidamente ortogonale, come Filadelfia o New Haven, la planimetria si ritrovava sempre definita da un reticolo squadrato topograficamente estendibile, con al centro il piazzale principale dominato dal Tempio protestante [Figure 32 e 33-34]; che nella crescita urbana comprendeva poi anche altri edifici pubblici (amministrativi, scolastici, e ulteriormente religiosi) tutti rivolti alla piazza centrale [Figure 35-36, 37, e 38-39].



Figure 32-34 – Il Piano a scacchiera longitudinale concepito da William Penn per La Città di Filadelfia disegnato da Thomas Holme (nel primo progetto di sistemazione tecnica del 1682) [sopra] con la Piazza Centrale dominata da un semplice edificio a capanna più grande (Il Tempio Quacchero, o Casa degli Incontri dei Fratelli, poi demolito nel 1702 e sostituito da una altra costruzione di medesima funzione: nel Dettaglio della immagine precedente) [sotto]. Nella figura restante, è illustrato il caratteristico interno sobrio e spoglio – come nella tradizione degli edifici di culto protestanti – dello spazioso tempio quaccheriano, che veniva usato tanto per le funzioni religiose quanto per le riunioni comunitarie (assemblee di vario genere) in una stampa ritraente Il Sinodo dei Quaccheri (incisione di Autore Ignoto non datata, ma ritenuta del 1696) in cui – al centro, con parrucca – è ritratto William Penn [in basso]. Tutto fCG 2024





Figure 35-36 e 37-39 – New Haven, anche questa una delle prime città pianificate negli Stati Uniti, un anno dopo la sua fondazione avvenuta nel 1638 da parte dei Puritani inglesi di Londra guidati dal Reverendo John Davenport e dal suo amico mercante Teophilus Eaton. Essa venne pianificata su una scacchiera omogeneamente ortogonale con otto strade (il cosiddetto “Piano dei Nove Quadrati”) creando al loro centro una ampia piazza vuota (il Green, perché lasciata in parte verdeggiante) attorniata dai lotti dei proprietari in una estrema disposizione di identità individuale, per nulla sottoposta al predominio degli edifici pubblici, tanto meno del tempio, introdotti poi più tardi (ma lasciando soltanto al centro un caseggiato religioso-comunitario, la Casa degli Incontri): come viene mostrata nella mappa di William Lyon tracciata nel 1806 ma riportante Il Piano della Città di New Haven “nel 1748” (ripreso da un disegno dell’Onorevole Generale di Brigata della Milizia del Connecticut, l’avvocato James Wadsworth: fCG 2024) [sopra], lo sviluppo della cittadina si impernia sul vecchio tempio assembleare (Seconda Casa di Riunione) costruito nel 1668-70 (Autore Anonimo, Il Prato come mostrato nella Mappa di Wadsworth del 1748, senza data: fCG 2024) [sotto]. La grande piazza al centro, con la successiva evoluzione urbana si riempie poi di numerosi edifici di culto, soprattutto lungo la “Via del Tempio aperta nel 1784” (Cartografo Sconosciuto, Il Centro Civico-Religioso di New Haven, senza data: fCG 2024) [in basso], rimasta sostanzialmente tale fino ad oggi (dettaglio della mappa precedente – fCG 2024 – e immagine di Fotografo Anonimo senza data) [più sotto e in fondo]
Totalmente differente invece si rivela il criterio di definizione cittadina nei territori di conquista del Lontano Ovest [Figura 40], la cui composizione senza ordine geometrico prestabilito cambiava pragmaticamente, acquisendo la tipica linearità di affaccio edilizio sulla strada principale che si ripeteva nelle aggiuntive altre vie secondarie, in cui l’edificio ecclesiastico è totalmente assente, e decentrato perifericamente [Figure 41 e 42], e quasi estraneo al contesto delle altre costruzioni urbane (ma prendendo così lo stesso una sua diversa evidenza nei confronti della confusione anonima delle costruzioni cittadine) [Figura 43]: e la loro edilizia urbana veniva diversamente collocata alquanto casualmente o in un contesto irregolare, e – sovente – sparpagliato rispetto alla tipicità originaria della sua linearità stradale [Figure 44 e 45].

Figura 40 – Robert McGinnis, Mappa del Sentiero per Santa Fè, 2012 (fCG 2024). È una delle prime vie di collegamento commerciale tra il Messico e i territori della Conquista del Lontano Ovest (Far West), lunga 1400 chilometri, e percorsa a cavallo o con carri e carovane. Aperta nel 1821 dal mercante statunitense William Becknell, dopo il 1848 per la conquista da parte degli Stati Uniti delle terre del Sud-Ovest diventò un importante tracciato nello sviluppo economico di quei territori e per l’espansione statunitense corrispondente. Ma con l’avvento della ferrovia, e specialmente dal 1859, il percorso a traino animale cominciò a diminuire, e dal 1880 venne in pratica sostituito dal trasporto su rotaia.


Figure 41 e 42 – Il caratteristico aspetto degli edifici in muratura e legno dei Pionieri dell’Ovest statunitensi disposti a cortina continua sul percorso della via principale (Angel Soyun, Facciate di Città del West, senza data) [sopra], di cui la Chiesa (e Scuola) è collocata, decentrata, fuori dall’abitato (Fotografo Anonimo, Insediamenti Minerari abbandonati in America, senza data; si veda anche la Figura 43)

Figura 43 – Michael Prescott, Mappa di Città del ‘Far West’, senza data (ma del 2019: fCG 2024). L’agglomerato urbano inizialmente schierato lungo la via di passaggio originaria e principale, che si è poi sviluppato in un insieme di altri edifici costruiti accanto (principalmente riferiti alla Stazione Ferroviaria, in basso), e con la Chiesa tipicamente collocata all’esterno dell’abitato (in alto a sinistra)


Figure 44 e 45 – Cartografo Anonimo, Deadwood negli Anni Settanta dell’Ottocento, 1876/77 (fCG 2024) [sopra]; e Frank Jay Haynes, Deadwood, 1876 [sotto]. Questa cittadina, pure essa pianificata su due percorsi stradali con il tempio decentrato, è rimasta famosa perché ha ospitato il noto cacciatore di bisonti Buffalo Bill (William Frederick Cody) e la altrettanto nota avventuriera (infallibile tiratrice col fucile) Calamity Jane (Martha Jane Canary-Burke); che oggi – debitamente ripristinata – è diventata una importante attrazione turistica (Parco a Tema) molto visitata, come la sua simile Vecchia Tucson in Arizona
Altre centralità
Esistono poi esempi di eccezione, e di specialità tecnico-funzionale, di pianificazione urbana centralizzata, con varianti localizzative di templi e palazzi comunali o civici variamente preminenti, quali si rivelano le città commerciali, disposte su importanti strade di collegamenti mercantili estesi (di cui esplicito esempio risulta – in una impressionante condizione di fulcro, o snodo, geografico – la città tedesca di Lipsia, costruita al centro dell’Europa all’incrocio dei due maggiori importantissimi tragitti commerciali di allora: la Strada Imperiale – del medievale Sacro Romano Impero – e la sua contemporanea Via Regia: che rispettivamente partivano una da Roma fermandosi a Stettino, e l’altra da Santiago di Compostella giungendo a Kiev e a Mosca, con una biforcazione a Lublino in Polonia) [Figure 46, e 47-48].

Figura 46 – Maximilian Dörrbecker, Via Imperii e Via Regia, 2022 (fCG 2024). Fino dal Medioevo Lipsia, in Germania, era una importante città di snodo stradale e commerciale collocata al centro di due fondamentali percorsi internazionali, attraversanti tutta l’Europa nelle direzioni cardinali: le Vie Imperiale e Regia del Sacro Romano Impero. Il tragitto verticale partiva da Roma e giungeva a Stettino, e quello orizzontale andava da Santiago di Compostella ed arrivava a Kiev e a Mosca biforcandosi a Lublino in Polonia


Figure 47 e 48 – La dominante priorità edilizia del Municipio lipsiano al centro della città, in conseguenza alla sua posizione nodale sulle strade europee del Sacro Romano Impero, ma anche della composizione planimetrica cittadina: nella mappa di Lipsia incisa dal famoso calcografo tedesco Matthäus Merian il Vecchio nel 1650 [sopra] e nel suo particolare riferito al Municipio (Rathaus) [sotto], evidenzia tutta la sua autorevole dominanza urbana (entrambe fCG 2024)
Oppure si ritrovano anche in esempi di città create soltanto per iniziale protezione fortificata, come è stato per la città di Québec in Canada (ed in genere anche per quasi tutti gli altri insediamenti di questa nazione nascente), pure essa di fondazione coloniale – ma francese e dal Seicento – con predominanti esigenze militari di difesa (per cui il tempio si è dovuto adattare a questa condizione compositiva, dislocandosi accidentalmente nella recinzione muraria protettiva del contesto, lasciato al predominio condizionante alla Cittadella militare) [Figure 49 e 50-51].



Figure 49 e 50-51 – La crescita della colonia québechese nella Nuova Francia (Canada) quale fortificazione di fondazione francese: nello Schizzo di Québec del 1639 di Jean Bourdon (Messere di Saint-Jean e Signore di Saint-François), ingegnere misuratore e cartografo, uomo di affari e Sindaco del villaggio québechino [sopra], mostrante la conformazione delle mura difensive partenti dalla grande dimora a sua volta fortificata (a sinistra con i due cannoni), la cosiddetta Abitazione di Québeck costruita nel 1606/07-08 dal fondatore québechese, l’esploratore e geografo Samuel De Champlain: la quale fungeva da luogo di rifugio e protezione dei primi coloni francesi in territorio canadese [sotto]. Ed intorno alla quale crebbe il primo nucleo urbano québechino (Cartografo ignoto – ricopiato nel 1938/41 da Phileas Gagnon, scultore e xilografo della québechese Contea di Charlevoix – Vero Piano dell’Alto & Basso di guebec – Come risulta nell’anno 1660: il vecchio nucleo urbano iniziale si trova in basso sulla sponda del “grand& fiume San Lorenzo”) su definitivo progetto del 1727 tracciato da Gaspard-Joseph Chaussegros de Léry, Ingegnere in Capo del Re della Nuova Francia (ovvero il monarca francese Luigi XV di Borbone detto il Beneamato) con lo scopo di “sviluppare la città con sue difese intorno” [in basso] (tutto fCG 2024)
Ulteriori casi di centralità disgiunta sono poi date dalla bipolarità separata di centralizzazione urbana, definita dalla mescolanza dominante delle tipologie templari o statali, come si presenta la medievaale città di Carcassonne in Francia, chiaramente percettibile nel suo impianto storico diviso, dipendente dalla sede castelleanea da una parte e dall’elemento di culto dall’altra [Figure 52]: le cui collocazioni reciproche (insieme, sebbene distintamente) determina il compattamento degli altri caseggiati urbani in corrispondenti modi – e localizzazioni – tra loro opposti, e uniti soltanto dallo spontaneo accalcamento totale degli isolati dell’abitato nel loro secolare sviluppo [Figura 53].


Figure 52 e 53 – Illustratore Anonimo di Wikipedia con pseudonimo Pinpin, Planimetria della città di Carcassonne, 2007 (l’impianto della immagine è impostata sul disegno del Piano di Carcassonne nel XIIIesimo secolo tracciato nel 1856 dal grande architetto-restauratore francesee Eugène Viollet-Le-Duc; ed è stata da me opportunamente girata per corrispondere alla immagine successiva); e Jean-François Vassal, Città di Carcassonne, 2022. In entrambe le figure si nota la completa indipendenza spazio-architettonica della antica Cattedrale (oggi solamente Basilica) di San Nazario (in viola) [sopra] edificata nel 1096-1103 (ma rifatta in gotico fiammeggiante tra 1269 e 1330) disgiunta dal distante Castello Comitale dei Signori Trencavel (in verde) eretto nel 1106/07-09, che formano una bipolarità contestuale chiaramente distinta rispetto al loro intorno urbano, quasi come in due quartieri abitativi separati congiuntisi nel trascorrere delle epoche [sotto]
La nascita del tempio quale elemento di attestazione di un luogo di culto comunitario stabile (e di centralità urbana per una futura espansione cittadina)
Il caso del Tempio di Gerusalemme voluto dall’ebraico Re Salomone è la metaforica formulazione della nascita di un luogo di culto per un popolo coeso, e quale elemento di riferimentro centrale (anche urbano) della sua identità. Ed è anche un esempio tipico di caratteristica esigenza di creare una sede religiosa per un popolo di fede e società definite. Costruito dall’833 all’826 avanti Cristo, rappresenta il culmine di una lunga vicenda rivolta alla templarità stabile, di provenienza arcaica e preistorica: il cui sviluppo si ritrova in varie parti della narrazione della Bibbia, e prende inizio dal singolare sistema sacrificale antichissimo praticato dal primo patriarca ebraico Abramo, capostipite del popolo ebreo (in una modalità cultual-rituale similmente praticata da tante altre popolazioni di quell’epoca anche tra loro molto distanti e indipendenti nei vari continenti abitati).
Come sia nata l’idea di tempio nella sua qualifica di luogo fisso e destinato alla adorazione divina è abbastanza incerto: ma nel caso degli Ebrei biblici se ne può trarre una deduzione epocale seguendo il caso mistico testimoniato dall’ancestrale uso dell’altare consacrato, posto su una altura lontana dall’abitato o dagli accampamenti nomadi, dove si eseguivano i sacrifici propiziatori (primitiva sede di devozione divina).
E di questa prassi sacrificale arcaica è piuttosto noto l’episodio del citato Abramo, cui Dio comandò di immolare il suo secondo figlio Isacco, come prova di estrema fedeltà: atto che il padre docilmente accettò di commettere, ma da cui la divinità lo distolse all’ultimo momento, riconoscendo la devozione del proprio adepto, e sostituendo il sacrificio umano con quello animale (e commestibile) di un agnello (o altro animale addomesticato) [Figura 54]. Indipendentemente dai contenuti etico-cultuali di questo racconto, nel fatto descritto dalla Genesi si deduce che nel luogo dove viveva il patriarca con il suo popolo, non esisteva un tempio specifico, bensì soltanto un altare, all’aperto, collocato sopra un monte appositamente dedicato: e poiché Abramo è vissuto – secondo i calcoli degli esperti biblici – nel Duemila avanti Cristo (e più precisamente nel periodo del Re babilonese Hammurabi) la sua patica religiosa è collocabile in una epoca storica tra il 1.792 e il 1.750; che corrisponde – tanto per rimanere in un basilare riferimento cronologico mondiale – al medesimo periodo neolitico del grande Cromlech britannico costruito a Stonehenge.

Figura 54 – Andrea Mantegna, Sacrificio di Isacco, 1494-95 (fCG 2024). La scena descritta nella Genesi nella Bibbia riguardante il sacrificio che il patriarca israelitico Abramo sta per compiere immolando il proprio figlio sull’altare, viene meticolosamente rappresentata con lapideo realismo dal pittore mantovano nella dinamica del suo svolgimento: con il padre pronto ad uccidere Isacco, fermato però dalla mano divina (discendente dall’alto nell’angolo del quadro sopra a destra), davanti ad un altare con il fuoco acceso e l’agnello sostitutivo già pronto per essere sacrificato al posto del giovane (e per il conclusivo pasto rituale dell’animale macellato)
Similmente si ritrova ancòra uno sviluppo critico di credenza e di culto ebraico, nella successiva vicenda biblica del Vitello d’Oro e di Mosè (a sua volta vissuto nel 1.200 aC all’epoca dei regni faraonici di Ramesse II e del suo successore Merenptah, e quindi tra il 1.270 ed il 1.203 in iniziale Età del Ferro), nella altra significativa circostanza riguardante la decisione degli Israeliti seguaci del profeta, sfiduciati della tanto lunga assenza del loro condottiero salito sul Monte Sinai, di costruirsi una loro divinità da adorare, non avendo altro elemento divino cui riferirsi; e scegliendo quindi l’effigie a loro più familiare del Vitello Aureo, ripresa dalla cultura egizia del Bue Api (in realtà un toro) adorato a Menfi [Figure 55 e 56-57]. Ed anche in tale caso, niente tempio costruito, ma solo una grande statua idolatrica all’aperto, con davanti un altare con fuoco acceso.



Figure 55, e 56-57 – Nicolas Poussin, Adorazione del Vitello d’Oro, 1633 (fCG 2024); Scultore Egizio Ignoto, Statua raffigurante il Dio Api, Saqqara, Egitto, 2008 (fCG 2024); e Fotografo Anonimo di ‘Historia NationalGeographic’, Un defunto adora una immagine del sacro toro Apis, senza data. Nel quadro poussiniano è raffigurata la scena pagana della venerazione dell’aureo idolo taurino da parte dei seguaci di Mosè nel deserto del Sinai in fuga dall’Egitto [sopra], foggiato ad immagine della tipica statua del Bue Api trovata a Saqquara nel Tempio del Serapeo e risalente al 379-361 del regno del Faraone Nectanebo I [sotto]: il cui culto era ampiamente praticato nel Basso Egitto (come mostra la stele anche essa di ritrovamento saqqarian-serapeico) [in basso]
E prima di arrivare all’edificio salomonico, l’intervallo cronologico che ne comprende il periodo di distacco temporale non narrato nella Bibbia si può colmare con un riferimento estemporaneo riportato nientemeno che dal famoso architetto svizzero-francese Charles-Édouard Jeanneret-Gris detto Le Corbusier, sul suo altrettanto noto libro del 1923 ‘Verso una Architettura Moderna’, riproducente il cosiddetto “Tempio Primitivo”, ovvero “la tenda giudea nel deserto”: costruita come tale già in qualità di luogo di culto del popolo nomade, e sempre però preceduto all’esterno, davanti all’ingresso, da un altare sacrificale [Figura 58].

Figura 58 – Charles-Édouard Jeanneret-Gris (più noto come Le Corbusier), Tempio Primitivo, 1926 (fCG 2024). Il disegno si trova nel suo famoso libro Verso una Architettura Moderna scritto pubblicato per la prima volta nel 1923, che mostra il luogo di culto degli Israeliti (“la tenda giudea nel deserto”) nella tipica forma del padiglione dei nomadi, con un altare sacrificale all’aperto davanti all’ingresso
E con il conclusivo Tempio salomonico a Gerusalemme costruito in pietra, fisso e non smontabile come era il provvisorio tendone nomadico, si compie dunque, e finalmente, un atto di stabile dedicazione costruttiva divina, al coperto e al chiuso (sebbene si debba ricordare che quel grandioso edificio non era usabile – come spesso nei luoghi cultuali antichi, anche greco-romani – al proprio interno dalla comunità dei fedeli, ma solamente dai sacerdoti); non essendo quell’edificio dedicato a Dio bensì creato in qualità di contenitore consacrato a proteggere la cassa della Arca della Alleanza con le Tavole della Legge mosaiche [Figure 59]: una reliquia sacra di grande valore religioso e storico per tutti gli Ebrei, ma non ancòra un luogo di effettiva riunione dentro di esso per una popolazione devota riferita al proprio dio (che si radunava infatti all’esterno per le funzioni cerimonial-religiose). E ad ogni modo diventato, adesso sì, un importante monumento di attrazione urbana per lo sviluppo della città gerosolimitana, contro i cui contorni l’urbe israelitica venne poi a crescere [Figure 60].


Figure 59 e 60 – Il Tempio di Salomone a Gerusalemme, costruito dall’833 all’826 avanti Cristo (e poi variamente continuato fino ad Erode il Grande, dal 19 aC, e terminato in tutte le sue parti nel 64 dC) per proteggere e venerare la mitica Arca della Alleanza contenente le Tavole della Legge di Mosè (nella planimetria e spaccato di Grafico Ignoto di Wikipedia con pseudonimo Mattes, Tempio di Salomone, 2005) [sopra]. Da questo iniziale edificio cominciò lo sviluppo della città giudaica e israelitica come riferimento importante per la aggregazione fideistica della sua popolazione (Berthold Werner, Modello del secondo Tempio di Gerusalemme, Wikimedia 2010) [sotto]
E parte da qua il concetto di centralità templare e di suo sviluppo cittadino, che porterà nei secoli a molteplici soluzioni di definizione e contraddizione, diversità e contrarietà (di cui tratterò nella prossima Parte Seconda).
(Le fotografie sono state tutte fornite dall’Autore)
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BIOGRAFIA DELL’AUTORE – Corrado Gavinelli, è architetto, laureato al Politecnico di Milano (Italia), dove ha insegnato (adesso in Emeritazione) Storia della Architettura Contemporanea ed è stato Direttore del Laboratorio Sperimentale di Modellazione Storica (LabSpeModSto). E’ anche Professore Straniero (Gaikokujin Kyoshi) di Storia della Architettura all’Università di Tsukuba (Giappone) e nella altrettanto nipponica Scuola delle Arti di Sapporo.
E’ stato inoltre Professore di Storia della Comunicazione Visiva all’ISIA (Istituto Superiore per le Arti Industriali) di Urbino (Italia), e Lettore al CERN di Ginevra (Svizzera).
Nel 1985 è stato insignito della medaglia della UIA (Unione Internazionale di Architettura) per il suo lavoro storico-critico alla Biennale di Architettura di Sofia (Bulgaria).
Oltre ai contributi in numerose riviste specializzate di architettura, ha pubblicato parecchi libri: tra i quali, ultimamente e per la Jaca Book di Milano, Architettura Contemporanea. Dal 1943 agli Anni Novanta (1995, tradotto in spagnolo per di nel 1999), L’Architettura del XX Secolo (con altri autori, (1993), Paolo Soleri. Itinerario di Architettura. Antologia dagli Scritti (2003), Ar-chi-tec-tu-ra (2009), e Luoghi della Pace. Arte e Architettura dopo Hiroshima (2010). Per la stessa Casa Editrice è anche Direttore della Collana Architetti Contemporanei.
Ha scritto inoltre Renato Guttuso per Capitol di Bologna (1974), Novara e Antonelli per Psicon di Firenze (1975), Textures per Zanichelli di Bologna (1976), Città e Territorio in Cina per Laterza di Bari (1976, tradotto in spagnolo per Blume di Madrid nel 1979), Il Centro Storico di Oleggio per Mora-Grafica di Novara (1977), De Stijl 1917-1931 per Caracas di Jesi (1982), Progettare & Costruire per Ghiorzo di Milano (1984/85), Le Corbusier per Mazzotta di Milano (1986), Alessandro Antonelli nel suo territorio per Comune di Maggiora (1988), Il Santuario del Crocefisso e l’Opera Antonelliana a Boca per Del Forno di Maggiora (1988), Sant’Elia Ri-costruito per Scuola Arti Grafiche di Como (1989), Ai Piedi dei Grattacieli per Meeting di Rimini (1992), , Storie di modelli esibitivi e critici per Alinea di Firenze (1993), Archaeology of the Future City per Shimbun di Tokyo (1996, in giapponese), Die Neue Moderne. Architektur in der zweiten Hälfte des 20. Jahrhunderts per Kolhammer di Stoccarda (1998, in tedesco), 581 Architects in the World per Toto di Tokyo (1995, in giapponese), Milano. Professional Guide per Kikukawa di Tokyo (1998, in giapponese), L’architettura di Leonardo Ricci – Agape e Riesi per Claudiana di Torino (2001), Il Villaggio di Monte degli Ulivi a Riesi di Leonardo Ricci per Priulla di Palermo (2001).
Attualmente in pensione, prosegue nella sua attività di Storico della Architettura, del Design, di Arte ed Estetica, e particolarmente nella disciplina della Iconologia; scrivendo per periodici, e riviste telematiche, specializzate, tra cui soprattutto ‘Frontiere’.
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