Dando seguito all’iniziativa lanciata dal Prof. Corrado Gavinelli Un Concorso aperto e libero: arte per la vita in tempi di Coronavirus, il cui tema è senza vincoli se non quello del soggetto: come contrastare il Coronavirus, come vincerlo, pubblichiamo di seguito le proposte giunte per cogliere questo periodo di stasi imposta dall’emergenza come occasione per manifestare un inno alla vita in forme artistiche.
Le proposte sono presentate secondo l’ordine cronologico nel quale sono pervenute e divengono una serie aperta: man mano che ne arriveranno altre, saranno aggiunte.
Prima proposta – data di arrivo, 8 Aprile 2020. Da Nuovo Ospedale, Torre Pellice (Torino) Italia
Sistemazione nella Bacheca Ospedaliera del Disegno Inaugurale del Concorso
Il Disegno originale di Corrado Gavinelli contro il Corona Virus, del 3 Aprile 2019. Denominato poi ‘Corona Vita’
Il Disegno di Apertura del Concorso eseguito da Corrado Gavinelli a ringraziamento della opera meritevole del personale Medico e Sanitario dell’Ospedale torrepellicino
Due Infermiere dell’Ospedale di Torre Pellice con il Disegno gavinelliano
Seconda proposta – data di arrivo,12 Aprile 2020 (giorno di Pasqua). Da Sergio Mollea, Pasticciere, Torre Pellice (Torino) Italia. Sorpresa Pasquale!
Terza proposta – data di arrivo, 15 Aprile 2020. Da Alvaro Puglisi, Ingegnere Nucleare, Villarbasse (Torino). ‘Una Corona Umana’, e ‘Una Corona Mondiale, Colorata’
Quarta proposta – data di arrivo 17 Aprile 2020. Da Andrea Giampiccoli, Ricercatore Associato alla Università di Tecnologia, Durban, Sudafrica ‘Mutevolezza Morente’
Quinta proposta – data di arrivo 21 Aprile 2020. Da Anna Sofia Mollea, Alunna della Classe V della Scuola Primaria di Angrogna (Torino) ‘Non Disegno, ma Coloro Molto Volentieri!’
Sesta proposta – data di arrivo 22 Aprile 2020. Da Simone Albano, Perito Elettrotecnico, Milano (Italia) – ‘Versetti Biblici Per Conforto e Speranza, Risolutezza e Cura’
Settima proposta – data di arrivo 23 Aprile 2020. Da Salvatore Grande, Architetto e Illustratore, Lugano, Svizzera – Pandemonìa (Questa Pandemìa è il Pane del Demonio, per cui è una Pandemonìa)
Ottava proposta – data di arrivo 23 Aprile 2020. Da Giorgio Casati, Architetto e Artista, Milano. Endiadi. Il CoronaVirus nell’infinito mondo (concluso il 22 Aprile 2020, 50a Giornata della Terra).
Undicesima proposta – data di arrivo, 23 Aprile 2020. Da Marco Cremona, Architetto, Milano.
Corona di Fiori e Arcobaleno Imbandierato. Tante bandiere del mondo di tanti Paesi coinvolti, uniti da un arcobaleno a corona che incrocia la corona di fiori, e – come tutti gli arcobaleni – viene dopo la tempesta e porta nuovamente il sole, e la speranza di un nuovo inizio colorato e gioioso.
Dodisesima proposta – data di arrivo, 23 Aprile 2020. Da Adriano Cremona, Pensionato, Milano, Italia Senza Titolo.
Tredicesima proposta – data di arrivo, 23 Aprile 2020. Da Giorgio Pissardo, Geometra, Villareggia (Torino). Murale di Nilda Noemi Actis Goretta detta Munù, Artista e Muralista di Pigüé (Buenos Aires- Argentina) in Piazzetta dei Migranti a Caluso (TO). Il Murale (eseguito tra il 2006 ed il 2009) è concepito anche come schermo di proiezione di filmati, diapositive e altre immagini. Qui è proiettata la Corona di Vita!
Quattordicesima proposta – data di arrivo, 24 Aprile 2020. Da Manuela Bonometto, Funzionario direttivo, Servizi Sociali, Villareggia (Torino). La Maglietta della Speranza
Quindicesima proposta – data di arrivo, 25 Aprile 2020. Da Maria Pia Beretta, Artista Culinaria, Milano. Il CoronaNonVirus Edibile del XXV Aprile 2020. Un cibo per rinforzare ogni Resistenza.
Sedicesima proposta – data di arrivo, 26 Aprile 2020. Da Elisabetta Ribet, Teologa protestante e Docente universitaria, Strasburgo (Francia). Memoria in Tricolore.
Diciassettesima proposta – data di arrivo, 28 Aprile 2020. Da Giancarlo Consonni, Architetto e Poeta, Milano. Inverno 1
Diciottesima proposta – data di arrivo, Aprile 2020. Da Giancarlo Consonni, Architetto e Poeta, Milano. Inverno 3 In attesa della stagione della guarigione
Diciannovesima proposta – data di arrivo, 29 Aprile 2020. Da Giancarlo Consonni, Architetto e Poeta, Milano. Poesia (2003)“Difficilmente riuscirò a scrivere una poesia su questa tragedia.
Posso solo mandare un mio significativo componimento già edito”.
STATE LEGGERI
Come quando
la vita ti bastona
e uno respira piano
per non fare male all’aria.
Ventesima proposta – data di arrivo, 29 Aprile 2020. Da Graziella Tonon, Architetto e Poetessa, Milano. Poesie (1996 e 2008)“Due poesie scritte in altri momenti, ma che possono evocare la situazione di clausura che stiamo vivendo”.
RUBA IL SOLE ALLE ROSE,
Qui sul balcone
folti mi vengono i crisantemi
e non le rose.
Ho una campanula che lascio correre
Se non ci sono copre il balcone
È DOMENICA
Due note di flauto
una di piano
un pianto improvviso
le rondini
in basso uno ha riso
un altro ha urlato fortissimo «goal!».
Eppure silenzioso pare il cortile
e gentile di carta stagnola
lassù l’aeroplano.
Ventunesima proposta – data di arrivo, 29 Aprile 2020. Da Ugo Pierri, Poeta, Trieste, Italia
Plip-plip-plip Da una città divenuta Area Necropolitana (da parte di un “pittore inediale, poeta espressionista-crepuscolare, scrittore di racconti tetrallegri”).
PLIP PLIP PLIP
plip plip plip
lente gocce scandiscono la resa dei conti
bip bip bip
lo scatto luminoso lancia sos cardiocircolatori
avido di futuro un groviglio di tubi
tiene in vita la morte
sotto la diafana cupola
ebbri di morfina gli effimeri
muoiono dalla voglia di vivere
poco importa se siano eroi o angeli
le ombre frettolose che si agitano intorno
Ventiduesima proposta – data di arrivo, 30 Aprile 2020. Da Gianni Bolis, Grafico, Calolziocorte (Lecco) La Desolazione del CoronaVirus
Ventitreesima proposta – data di arrivo, 30 Aprile 2020. Da Gianni Bolis, Grafico, Calolziocorte (Lecco) La Speranza della Ripresa
Ventiquattresima proposta – data di arrivo, 1 Maggio 2020. Da Mirella Loik, Architetto, Torre Pellice (Torino) Italia Trittico delle Valli Valdesi. È un mio omaggio storico a Paolo Paschetto, il grande Artista delle Valli Valdesi (Pellice, Chisone, e Germanasca) nell’area alpina – cozia e piemontese – di Pinerolo in provincia di Torino, che ha rappresentato mirabilmente nei suoi lavori pittorici e grafici con grande intensità di stilismo liberty-déco e realistico novecentismo. Le 3 immagini (che ho parzialmente rielaborato, mantenendo gli aspetti formali degli originali, con parziali colori nei due disegni in bianco e nero, e per la terza figura con l’aggiunta della Corona di Fiori del nostro Concorso) riguardano La Luce che Illumina le Tenebre (Lux Lucet in Tenebris), emblema storico dei Valdesi prima della loro adesione alla Riforma Protestante (avvenuta nel 1531) ma utilizzato anche dopo; il cosiddetto Stellone d’Italia, disegnato nel 1946 (e presentato al concorso nazionale vinto dal pittore) per lo stemma ufficiale della Repubblica Italiana adottato nel 1948 e tuttora istituzionalmente usato dallo Stato italiano; ed i Falò della Libertà (fuochi di ringraziamento ed esultanza per la ottenuta libertà di culto – concessa a tutte le religioni non-cattoliche praticate in Italia – dall’allora Re Carlo Alberto nel 1848)
Venticinquesima proposta – data di arrivo, 2 Maggio 2020. Da Valentina Piscopo, Ristoratrice e Cuoca, Cuneo, Italia. Io Resto in Casa! Partecipazione della piccola Rachele Jbilou, di anni 3
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Ventiseiesima proposta – data di arrivo, 4 Maggio 2020. Da Mirella Loik, Architetto. Corona-GrandeTorino 2020 Quest’anno, il 4 Maggio, giorno di commemorazione della scomparsa del Grande Torino nella tragedia aerea di Superga, per la prima volta dal 1949 non sarà possibile effettuare (a causa del persistere del CoronaVirus) alcuna cerimonia pubblica per ricordare quell’evento. Ma personalmente ritengo che la memoria verso quella indimenticabile squadra di campioni possa ugualmente essere partecipata da ogni persona individualmente – sui balconi, alle finestre, o anche in casa – secondo le espressioni dei propri sentimenti e della propria sensibilità. Mirella Loik è figlia del campione granata Ezio Loik deceduto a Superga col Grande Torino.
Ventisettesima proposta – data di arrivo, 4 Maggio 2020. Da Corrado Gavinelli, Architetto e Artista, Torre Pellice (Torino). Quarto Atto contro il Corona Virus – Le Ghirlande di Picasso Proseguendo nella mia periodica proposizione di Iniziative contro il Virus Corona, improntate sulla presenza cromatica dei fiori simboleggiante la Corona Vita, questa volta – per la circostanza della cosiddetta Fase 2 – presento un’ulteriore sequenza di immagini artistiche di Paolo Picasso, in cui si evidenzia la gioiosa e caratterizzante immagine delle sue donne coronate da una ghirlanda di fiori e frasche. Sono figure che in pratica percorrono l’itinerario variegato della mirabolante artisticità picassiana, dal ripreso realismo novecentistico alla versione post-cubistica guernicana, fino alla sintesi grafica della campagna per la pace.
La prima Immagine, di soggetto generico (Ritratto di Donna, 1932), probabilmente già riguarda la figura della giovane Marie Thérèse Walter, cui più precisamente si riferiscono i due successivi Ritratti con una Corona di Fiori in testa, effettuati tra il 1937 ed il 1938. Viene quindi la famosa Bambina con Corona e Fiore mentre Gioca con una Barchetta (è la figlia dell’artista, Maya) del 1939, e quindi il Viso inghirlandato del 1946, ripreso da una foto di Françoise Gilot con una corona di edera sul capo, che nel 1950 si trasforma in un Viso di Pace con un rametto di ulivo adagiato, sui capelli della donna, dalla colomba biblica.
Ventottesima proposta – data di arrivo, 5 Maggio 2020. Da Paolo Mussat Sartor, Artista, Torino.
Ovulo 1973 “Penso che questa Immagine possa essere di buon auspicio per la Rinascita post-Covid”.
Ventiseiesima proposta – data di arrivo, 11 Maggio 2020. Da Marco De Bettini, Architetto, Torre Pellice (Torino). La Pandemia del Corona Virus
Ventisettesima proposta – data di arrivo, 12 Maggio 2020. Da Liliana Ayassot, Sarta e Costumista, Torre Pellice (Torino). Confezione di emergenza delle Mascherine
Ventottesima proposta – data di arrivo,13 Maggio 2020. Da Ugo Pierri, Artista e Poeta, Trieste. Sofferenza Contingente Inevitabile Sacrificio per la Pandemìa
Ventinovesima proposta – data di arrivo, 13 Maggio 2020. Da Chiara Ziganto, Tecnico di Laboratorio, Torino.
Trentesima proposta – data di arrivo, 15 Maggio 2020. Da Daniela Falcone, Architetto, Milano.
Corona V… Corona Colora Vita. Quella che ci colorerà il mondo di vita nuova, rinnovata e migliorata. Una vita più a dimensione d’uomo con ritmi rallentati e con più contatto e rispetto per la natura.
Trentunesima proposta – data di arrivo, 16 Maggio 2020.Da Lucia Praticò, Studentessa, Liceo Linguistico Britannico, Milano. Una Corona di Cioccolato. Sono una grande appassionata di cioccolata: con una dose giornaliera mi sento invincibile!
Trentaduesima proposta – data di arrivo, 16 Maggio 2020. Da Sylvia Praticò, Alunna di Scuola Media, Milano. La Solidarietà Protetta. Vinceremo il Virus solo restando uniti nella protezione
Trentatreesima proposta – data di arrivo, 21 maggio 2020. Da Elena Garavelli, Architetto, Milano.
Uncinetto Fiorito! Questa piccola opera rappresenta la Rinascita, e cito un pezzo della canzone di Jovanotti (Le tasche piene di sassi, del 2011) che per me la rispecchia: “Sbocciano i fiori sbocciano – E danno tutto quel che hanno in libertà – Donano, non si interessano – Di ricompense e tutto quello che verrà”
Trentaquattresima proposta – 24 Maggio 2020. Da Carla Massimetti, Artista, Torino.
Il Cappello Fantastico, 2006 Ho realizzato questo disegno qualche anno fa sulla base di una fotografia che mi aveva attratta per il contenuto sorprendente di un caimano che sembrava assai soddisfatto del cappello fantastico che aveva piazzato in testa, una corona di farfalle leggerissima e colorata. Dunque – ho pensato – posandosi sulla testa di coccodrilli e tartarughe o altri animali, le farfalle regalano loro una bellezza nuova. E stando insieme senza farsi del male e con grande eleganza. Così mi sembra che dovremmo imparare a stare anche noi umani con l’universo intero, compreso di caimani, farfalle, orchidee, cavalli, vermi, ibischi, stelle, acque, pesci, virus. Senza farci del male e con grande eleganza.
Trentacinquesima proposta – 27 Maggio 2020. Da Giuliana Valli, Fotografa e Artista, Como.
Domani faremo anche noi così: riapriremo
Trentaseiesima proposta – 29 Maggio 2020. Da Anastasia Osipova, Grafica Indipendente, Roma.
Quando finisce la Quarantena?
Trentasettesima proposta – 1 Giugno 2020. Da Marina Botta, Architetto, Stoccolma (Svezia): Un buco di luce in fondo al buio, 2020
Trentottesima proposta: – 1 Giugno 2020. Da Marina Botta, Architetto, Stoccolma (Svezia): Raggi di sole che trionfano su un mare di nuvole, 2020 “Cieli che forse possono raffigurare la speranza della luce e della vita che si riapriranno sul buio di questo periodo”
Trentanovesima proposta – 1 Giugno 2020. Da Ginevra Barbieri, Decoratrice Amatoriale, Torino Voglia di mare!!!!
Quarantesima proposta – 10 Giugno 2020. Da Corrado Gavinelli, Architetto e Scrittore, Torre Pellice (Torino). Quinto Atto contro il Virus Corona (per la Fase 3). LA GHIRLANDA DI FIORI COME EMBLEMA DI FIDUCIOSA SPERANZA DI RIPRESA
Riprendendo dalle immagini del mio Quarto Atto (pubblicato su ‘Frontiere’ il 4 maggio 2020) relative alle ghirlande floreali indossate dalle donne di Picasso che l’artista spagnolo ha ritratto, in vari anni della propria esistenza, e ripartendo con un’altra simile raffigurazione della seconda e ultima moglie del pittore, Jacqueline Roque [Figura 1],
per rimanere sempre su questo emblematico argomento figurativo-botanico delle corone di fiori che significano – in fondo – la gioia vitale e la rinascita festosa, nonché il rigoglio della bellezza nell’aspetto femminile che ne ha rappresentato il simbolo naturale, ho inteso porgere una compressa sintesi di questo genere particolare di esteriore messaggio fisico nella storia, nella forma particolare di addobbo femminile attraverso l’opera d’arte, a ricordo e riferimento concreto della fondamentalità estetica del significato di ricoprirsi di fiori per riprendersi da un passato da lasciare per iniziare una nuova condizione ulteriormente speranzosa (come più popolarmente è riscontrabile perfino nelle più remote tradizioni popolari di origine campagnola in molte nazionalità mondiali) [Figura 2].
Se non proprio dagli Egizi (di cui esistono scarse indicazioni precise e certe) e dai Sumeri (per i quali abbiamo labili testimonianze), invece con certezza nelle antiche culture greca e romana, la donna era solita addobbarsi di corone vegetali (rami e frasche, e quindi fiori) per particolari cerimonie e festività celebrative riferite alle loro varie divinità e stagioni, in festeggiamenti e cortei. Nel contesto classico-antico, oltre alle varie raffigurazioni artistiche (nei mosaici romani soprattutto) [Figura 3]
offre una eccellente testimonianza di tale usanza incoronante lo splendido esemplare di Corona Aurea ritrovato nel corredo funebre della tomba di una facoltosa matrona marchigiana a Montefortino di Arcevia sopra Fabriano, lavorata nel 244-43 avanti Cristo da un abile artigiano piceno, appartenente alla popolazione celtica dei Senoni [Figura 4].
Questa radicata usanza arcaica, ritenuta pagana dal Cristianesimo, non appare infatti più nelle iconografie medioevali, se non sporadicamente come indicazione di vezzosità femminile, o muliebre, nel tipico abbigliamento di quell’epoca (la vera corona metallica e preziosa spettava alla regina, i copricapi velati dalle più varie fogge appartenevano alle damigelle, e il serto fiorito andava alle giovani o alle donne incinte) [Figura 5].
E tutto questo perché, nella iconografia più ufficiosa, la vera (e sola) donna incoronata per eccellenza (non indossante frivole e occasionali ghirlande botaniche bensì portante un oggetto di riconoscibile regalità effettiva) doveva essere soltanto la Madonna. Così un accenno di coronalità vegetal-fiorita riprende solamente con la prima permissione figurale del periodo gotico, ed in particolare nella Maestà della Vergine del 1315 affrescata da Simone Martini nel Palazzo Pubblico di Siena [Figura 6],
in cui il diadema regale si confonde con appena accennati petali metallici.
Questa maestosa verginalità mariano-cristiana viene sviluppata nel Quattrocento tardo-gotico e pre-rinascimentale, come attesta la meravigliosa corona di pietre preziose e fiori dipinta nel 1432 dal fiammingo Jan van Eyck per l’Altare della Cattedrale di San Bavo a Ghent (odierna Gand), nella tavola dolcissima della Vergine Maria appartenente al Retablo dell’Agnello Mistico [Figura 7].
Ma sarà invece qualche anno più tardi – e inevitabilmente – nel Rinascimento che, con la ripresa delle tradizioni classiche ritornano raffigurazioni di donne con le teste infiorate, più decisamente normali sebbene sempre mitologiche, e particolarmente riferite alla dea Flora, l’antica italica Ebe, portatrice simbolica del rinnovamenteo primaverile: e di cui l’immagine più significativa, e nota, si ritrova nella Primavera di Alessandro Botticelli, realizzata nel 1482 [Figura 8].
In sèguito, raffigurazione esasperata della fruttività naturale autentica, perseguita dall’estroso pittore cinquecentesco Giuseppe Arcimboldo (Flora, 1589-90) [Figura 9],
oppure languido emblema riconoscitivo della religiosità monacale nella figura tipica di Santa Rosa da Lima (che da fanciulla aveva un nome per altro altrettanto floreale: Isabella Flores) come tipicamente lo ha ritratta Carlo Dolci nel 1668-70 [Figura 10],
la donna coronata di fiori diventa nel Settecento più terrena, per quanto continuativamente arcaica e idealizzata (e con tale aspetto la presenta la pittrice veneziana Rosalba Carriera nella Allegoria della Musica del 1712) [Figura 11];
per finalmente accedere ad una oggettività più realistica, di persona comune dell’epoca, con tutto l’Ottocento: a cominciare dai personaggi femminili del neo-classico Jacques-Louis David (Ritratto della Contessa Daru, 1810) [Figura 12],
e proseguendo con il Realismo veristico, soprattutto rappresentato dalla pittrice greca di riferimento preraffaellitico, Marie Eufrosyne Spartali-Stillman (Madonna Pietra degli Scrovigni, 1884) [Figura 13]
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E ancòra di più, con l’avvento – e la affermazione – della Modernità industriale, la ghirlanda fiorita appare sulle teste delle donne quale elemento di espressione femminile graziosa e pura, di circostanza vezzosa e comunque sempre di comunicabilità gioiosa, personalizzata: scarsamente però negli Impressionisti, che (a parte un isolato e floralmente timido Pierre-Auguste Renoir, come si vede nel suo quadro Il Palco del 1874) [Figura 14]
preferivano i fiori per le donne sui loro cappellini; e decisamente con maggiore, e perfino enfatico ed eccessivo entusiasmo esibitivo, nella tendenza caratteristicamente vegetale dell’Arte Floreale, uscente dalla figurazione tardo-ottocentesca delle Belle Arti (con il Liberty del virtuoso illustratore franco-cecoslovacco Alphonse Mucha: di cui è esemplare la bellezza universalizzata creata per il suo manifesto Fantasticheria del 1897) [Figura 15]
ed quindi entrante nelle tendenze di Avanguardia artistica con lo Stile Giovane mondiale (di cui è altamente rappresentativo Il Bacio del 1907-08 di Gustav Glimt, esponente fondamentale dello Jugendstil austiaco) [Figura 16].
E dunque dalla innovante Art Nouveau francese ancòra presente nella concettualmente stravagante pittura di Elisabeth Sonrel (Nostra Signora del Prezzemolo per Mucche, 1923) [Figura 17],
alla modernisima raffigurazione deformata del post-cubismo picassiano (Maria Teresa con una Ghirlanda di Fiori, 1937-38) [Figura 18],
la floralità coronale giunge alla contemporaneità post-bellica del secondo Novecento nelle immagini della messicana Frida Kahlo (di cui è tipica la più recente espressione iperrealistica impostata nel proprio Autoritratto del 1949-50) [Figura 19].
Ma non soltanto nei migliori rappresentanti dell’arte figurativa secolare scaturisce il sentimento festoso, felice e spensierato per la vita corrente, e speranzoso per un avvenire più luminoso e accettabile, della ghirlanda fliorita; bensì questo entusiasmo nuovo si ritrova pure negli immensi campionari delle professioni diversamente estetiche: nella grafica (illustrativa e commerciale) e nella fotografia d’autore si perpetua quell’ineliminabile desiderio di espressione esistenziale particolarmente contrassegnato dalle Corone di Fiori sulle teste delle Donne, tramandato dalle epoche più antiche ai nostri giorni anche – come ho riferito – in particolari tradizioni popolari del passato, in certi casi ancòra tramandate. E specificamente lo possiamo vedere raffigurato in modo esemplificativo, ed esemplare, nelle apposite figure create dallo Studio Internazionale Digitale 123RF (Ritratto di Fanciulla con in Testa una Corona di Fiori Selvatici ed Erbe, 2019) [Figura 20]
o nei virtuosi scatti di riconosciuti autori, recentemente storici (come quello di Louis Fleckenstein nel suo Ritratto di Sposa con Fiori di Arancio del 1907) [Figura 21]
oppure attuali (particolarmente di Alba Soler, autrice di molteplici fanciulle in fiore) [Figura 22],
come anche negli scatti professionali o amatoriali di più anonimi seguaci della fotografia [Figure 23 e 24].
Una euforia esibitiva che adesso, però, non deve comunque venire – ancòra – sottratta al congiunto indossamento salutare della sempre salvaguardante Mascherina sul viso! [Figure 25 e 26].
Quarantunesima proposta – 17 Giugno 2020. Da Alvaro Puglisi, Ingegnere Nucleare, Villarbasse (Torino). Fase 3. La Lancia del Vaccino Ucciderà il Virus Mostruoso
Quarantaduesima proposta –18 Giugno 2020. Da Rachele Jbilou, Bambina della Scuola Materna, Cuneo. Andrà Tutto Bene! Il Cuore della Speranza. E Nell’Album dei Ricordi – Elaborazioni Computergrafiche della madre, Valentina Piscopo
Quarantetreesima proposta – 17 Giugno 2020. Da Domenica Berta, Psicologa e Consulente per lo Sviluppo delle Risorse Umane, Ciriè (Torino). Chiusi in Casa in Attesa di Uscire e La Cauta Apertura della Fase 3
Quarantaquattresima proposta – 25 Giugno 2020 – Da Michele Privileggi, Artista, Leinì (Torino). Lavoriamo anche in Clausura Virus
Quarantacinquestima proposta – 25 Giugno 2020 – Da Giulia Cnapich e Maria Letizia Deluca, Educatrici Professionali della Cooperativa Sociale ‘Vides Main’, Torino.
Vite in Costellazione. Una Corona di Amicizia, Ascolto, Accoglienza, e Solidarietà
Quarantaseiesima proposta – 25 Giugno 2020 – Valentina Laus, Scuola Media Aleramo (Classe 2.a D), Torino. Filastrocca ‘Il Virus Misterioso’. Supervisione di Lorena Cicerale, Educatrice della Cooperativa Sociale ‘Vides Main’
Quarantasettesima proposta – 29 Giugno 2020. Da Luca Pinto, Scuola Media ‘Aleramo’ (Classe II D), Torino. Virus-Alieni Supervisione dell’educatrice Lorena Cicerale della Cooperativa Sociale
‘Vides Main’
Quarantottesima proposta – 29 Giugno 2020. Da Giulia Cuccurullo, Scuola Media ‘Aleramo’ (Classe II B), Torino. I nostri legami Supervisione dell’educatrice Lorena Cicerale della Cooperativa Sociale ‘Vides Main’
Cinquantesima proposta – 5 Luglio 2020. Da Giulia Sarsano, Scuola Media ‘Aleramo’ (Classe II B), Torino. Caviardage ‘Chi non ha paura’. Supervisione dell’educatrice Lorena Cicerale della Cooperativa Sociale ‘Vides Main’
Cinquantaduesima proposta – 6 Luglio 2020. Da Domenica Berta, Psicologa e Consulente per lo Sviluppo delle Risorse Umane, Ciriè (Torino). Ancora c’è, ed è Grosso! Commento: Uscire con Con Cautela, perchè fuori il Virus è sempre in Agguato
Cinquantatreesima proposta – 6 Luglio 2020. Da Domenica Berta, Psicologa e Consulente per lo Sviluppo delle Risorse Umane, Ciriè (Torino). La Mascherina si Tinge di Speranza (Tutto Andrà Bene)
Cinquantaquattresima proposta – 7 Luglio 2020. Da Giorgio Casati, Architetto e Artista, Milano.
Pausa Pandemica (Autoritratto) – Endiade 2020
Cinquantaseiesima proposta – 15 Luglio 2020. Da Michele Privileggi, Artista, Leinì (Torino).
Virus Sfuggente. Scultura in legno dipinto
Cinquantasettesima proposta – 15 Luglio 2020. Da Michele Privileggi, Artista, Leinì (Torino)
Acchiappa Virus … Collaggio polimaterico e pittura
Cinquantanovesima proposta – 16 Luglio 2020. Da Paolo Piacentini, Artista, Milano.
Presenze nell’Ombra
Sessantesima proposta – 18 Luglio 2020. Da Cristina Besso Pianetto, Operaia, Barge (Cuneo)
Grevità
Sessantaduesima proposta – 18 Luglio 2020. Da Cristina Besso Pianetto, Operaia, Barge (Cuneo) Grevità. Commento: All’opera
Sesantatreesima proposta – 18 Luglio 2020 – Da Cristina Besso Pianetto, Operaia, Barge (Cuneo) Grevità. Commento: La Tristezza della Vecchiaia
Sessantaquattresima proposta – 18 Luglio 2020 – Da Cristina Besso Pianetto, Operaia, Barge (Cuneo) Grevità. Commento: L’Inconsapevolezza della Fanciullezza
Sessantacinquesima proposta – 18 Luglio 2020 – Da Cristina Besso Pianetto, Operaia, Barge (Cuneo) Grevità. Commento: L’Italia Martoriata
Sessantaseiesima proposta – 21 Luglio 2020 – Da Michele Privileggi, Artista, Leinì (Torino). La Corsa del Contagio (collaggio su legno)
Sessantasettesima proposta – 21 Luglio 2020 – Da Michele Privileggi, Artista, Leinì (Torino). Virus Evoluto 1
Sessantottesima proposta – 21 Luglio 2020 – Da Michele Privileggi, Artista, Leinì (Torino)
Virus Evoluto 2
Sessantanovesima proposta – 21 Luglio 2020 – Michele Privileggi, Artista, Leinì (Torino).
La Quarantena (collaggio Plurimaterico su legno)
Settantesima proposta – 22 Luglio 2020 – Da Andreina Pignata, Ragioniera e Consulente, Pinerolo (To) Italia; con Mario Dessì, Creativo e Designer di Gioielli, Alessandria. Progetto Alchemico Covid vs Noi
Progetto Alchemico Covid vs Noi – Dichiarazione Propositiva
Smeraldo
Verde intenso per allontanare vibrazioni disallineate.
Il profumo di menta a sollecitare pensieri nascosti.
Note per inondare di onde preziose un orizzonte sonoro in esilio.
Acqua pura per strutturare l’intenzione.
Le mani di un direttore d’orchestra per dirigere un tocco perfetto.
Una mente brillante per comprendere il senso del gioco.
Il cuore gentile e misericordioso per perdonare.
La generosità e l’innocenza di un’ anima innamorata della а vita a mescolare le forze.
La luce per cacciare il buio interiore e la paura.
Il tocco del tempo si inchina al passaggio di energia tanto antica quanto inedita e ci rivela uno spazio immenso di possibilità e guarigione.
Io vedo e credo.
Insieme noi trasformiamo.
Settantunesima proposta – 18 Agosto 2020 – Da Alessandra Civitico Božić, Insegnante Elementare, Valle di Rovigno (Pola) Italia
Questi lavori sono stati creati dagli allievi durante il periodo della pandemia attraverso la didattica a distanza
Per il tema dei “Fiori della Corona-Vita” – I soffioni con la tecnica della stampa
A – Chiara (il cognome non può essere indicato), Alunna della Prima Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
B – Eric (il cognome non può essere indicato), Alunno della Prima Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
C – Dante (il cognome non può essere indicato) Alunno della Prima Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
D – Jakov (il cognome non può essere indicato) Alunno della Seconda Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
E – Vita (il cognome non può essere indicato) Alunna della Seconda Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
Settantaduesima Proposta – 14 Settembre 2020 – Da Corrado Gavinelli, Architetto e Critico di Architettura e Arte, Torre Pellice (Torino) Italia
Sesto Atto contro il Virus Corona (nella fase di secondo ritorno della pandemia) – Arte per Corona-Vita: Il Museo in Quarantena (con Mascherine)
Nel momento del nuovo riscontro di un ritorno pandemico preoccupante, ho voluto accogliere e condividere, esponendola e commentandola, la bella iniziativa (sebbene di espressione nota, in quanto da altri già similmente, e variamente, proposta e pubblicata) del Museo Fitzwilliam della Università di Cambridge in Inghilterra, che ha stampato una serie ridotta di Cartoline raffiguranti alcuni dipinti della propria collezione con i suoi personaggi ricoperti dalla ormai nota, ed immancabile, Mascherina Anti-Covid [Figura 1]
Figura 1 – Una delle serie di Cartoline dei Capolavori del Museo Fitzwilliam in Edizione in cartolina della inglese Università di Cambridge
Questa operazione diffusiva della istituzione fitxwilliamina però si presenta più importante di altre diversamente attuate, perché provenie da un ente pubblico internazionalmente conosciuto, ed è stata realizzata non soltanto per partecipare alla attestazione – attraverso l’arte – della preoccupazione globale verso il morbo che continuamente ci tormenta e rincorre, ma anche per segnalare l’evento contingente della inaccessibilità delle sue sale espositive, in quarantena (il Museo “ha temporaneamente chiuso i battenti al pubblico a Marzo” a causa del Covid) e superandolo con un sostitutivo, benchè parziale, espediente telematico: offrendo così un altro “assortimento” di immagini virtuali, esemplarmente campionate, da percepire anche nel momentaneo impedimento di non poterle più fisicamente osservare dal vero (“Venite a Sfogliare il Nuovo Repertorio”).
La selezionata gamma delle 8 opere rappresentative scelte dai responsabili museali sono epocalmente disparate e – per quanto importanti – prese quasi a caso: si tratta, in ordine cronologico, della Venere e Cupido con un Suonatore di Liuto (1567-68) di Tiziano Vecellio; della Rachel De Ruvigny, Contessa di Southampton, raffigurata come Fortuna (1637-38) di Anthony Van Dick; del Ritratto di un Uomo in Abiti Militari (1650) di Rembrandt Van Rijn; di John Douglas, Duca di Queensbury (1662-63) di Carl Boit; Le Figlie del Baronetto Matthew Decker (1718) di Jan Van Meyer; La Damigella della Sposa (1851) di John Everett Millais; La Lettrice (1859-60) di Alfred Stevens; e Le Gemelle Grace e Kate Hoare (1876) sempre di Millais [Figure 2-9]
Figura 3 – Anthony Van Dick, Rachel De Ruvigny, Contessa di Southampton, raffigurata come Fortuna, 1637-38
Figura 4 – Rembrandt Van Rijn, Ritratto di un Uomo in Abiti Militari, 1650
Figura 5 – Carl Boit, John Douglas, Duca di Queensbury, 1662-63
Figura 8 – Alfred Stevens, La Lettrice, 1859-60
Ad alcuna di queste opere è stato poi dato, nel presentare l’iniziativa, un commento didascalico di tipico humour inglese: “La Venere e Amore di Tiziano con un Suonatore di Liuto ha preso uno sfoggio moderno” [Figura 2],
“Nel ritratto di Jan Van Meyer delle Figlie del Baronetto Matthew Decker, le ragazze giocano in sicurezza e si accertano che anche la loro bambolina segua misure di distanziamento sociale” [Figura 6],
“La damigella d’onore di John Everett Millais indossa una delicata maschera floreale da abbinare al suo abito di seta” [Figura 7],
e – dello stesso autore – le “gemelle, Kate e Grace Hoare, si agghindano per una uscita con il loro fedele segugio” [Figura 9]
E come consiste nelle intenzioni del nostro Concorso, di riferirsi ad una ripresa vitale sotto forma artistica, anche il museo cambridgeano con tale sua proposta – dichiaratamente – ha ritenuto opportuno ricorrere alla sua “serie grafica dal carattere simpatico” perché essa “offre una prospettiva giocosa alle nostre vite attuali attraverso l’arte che conosciamo e amiamo”.
Una esperienza, come ho accennato sopra, da altri pensata, ed attuata in modo personale e diversamente motivato; di cui le immagini silenti (senza didascalie) ma significative per il loro impatto figurativo ed il breve commento di riferimento, che riporto (pubblicate già dal Marzo scorso dalla editrice telematica spagnola Nacho Viñau Ena – ma riprese da un coevo lavoro del connazionale Studio POA di Architettura e Grafica con sede a Córdoba – esortante alla maggiore precauzione di ciascuno verso la pandemia: “Restate a casa: anche l’arte indossa guanti e maschere”) conducono alla stessa sostanza di ogni altro progetto simile. Perché “fermare la diffusione del COVID 19 è responsabilità di tutti”: per la gente in genere ( come si vede è ripresa nel dipinto Las Meninas – Le Ragazze – di Diego Velazquez del 1656) [Figura 10],
per gli operatori sanitari (da Rembrandt Von Rijn, La Lezione di Anatomia del Dottor Tulp, 1632) [Figura 11],
e per i singoli individui (da Leonardo Da Vinci, La Gioconda, 1503-0416) [Figura 12];
con le loro ansie (Jan Vermeer, Ragazza con Turbante – o con l’Orecchino – 1665-66) [Figura 13],
preoccupazioni (Bartolomé Esteban Murillo, Donne alla Finestra, 1670) [Figura 14],
e disperazioni (Edvard Munch, L’Urlo, 1895) [Figura 15]
Infine, per fornire un minima informazione doverosa sul Museo della Università di Cambridge, ne riporto poche minimali indicazioni: questa istituzione risale al 1816, quando il musicologo irlandese Robert FitzWilliam (in questo modo veniva scritto allora il suo cognome), Settimo Visconte di Meyron, parlamentare inglese e collezionista d’arte [Figure 16 e 17],
l’ha deliberata alla sua morte, con un lascito testamentario per la città in cui egli svolse (nella Scuola della Trinità: da non confondere con l’omonimo Collegio) i propri studi superiori.
In mancanza di una sede specifica, e adatta, per accogliere le opere donate e per esporle al pubblico, i responsabili della Università ricuperarono uno spazio provvisorio nel salone dell’odierno Museo Whipple di Storia della Scienza [Figura 18].
Cinque anni dopo, un più permanente luogo venne procurato entro il Collegio Peterhouse, dove la collezione rimase fino al 1848, allorchè un esplicito palazzo museale venne realizzato (dall’architetto Charles Robert Cockerell, sulla base del disegno originario del progettista eclettico George Basevi – risultato vincitore del “grande concorso architettonico” bandito nel 1834 – morto nel 1845) componendolo in un monumentale stile neo-classico di genere corìnziaco [Figure 19 e 20].
In sèguito ad altre acquisizioni – a cominciare da quella enorme raccolta del primo grande benefattore moderno Charles Brinsley Marlay che nel 1912 “lasciò al Museo una sorprendente varietà di oggetti tra cui manoscritti miniati, dipinti, stampe e disegni, libri rari e legature preziose, ceramiche e armi europee e orientali, argento, bronzi, vetro, avori, smalti, gioielli, lacche e vesti giapponesi, mobili, tappeti e arazzi” – il patrimonio originario si ampliò notevolmente, raccogliendo capolavori e opere di ogni genere ed entità artistico-artigianale [Figura 21]
Settantatreesima Proposta – 4 Novembre 2020 – Da Corrado Lauro, Medico Chirurgo, Cuneo
A causa della Ripresa del Covid – Una Profezia Apocalittica prevedibile
Vi avevano chiesto di portare la mascherina e di non affollarvi, avete ballato sui tavoli e sui trampoli, avete pontificato dalle sale di Montecitorio e negato la mascherina e adunato la piazza. E i malati sono aumentati.
Avevano limitato la movida notturna, avete protestato e sfidato e negato il Covid, e inventato barbarie mentali e dietrologie puerili. E i malati sono aumentati. Avevano limitato alcune attività produttive dal vespero in poi, e avete gridato e sfasciato, e strumentalizzato rabbie e delusioni. E i morti sono tornati.
Avevano fatto appello alla responsabilita individuale per non chiudere di nuovo tutto, e voi avete accusato la dittatura sanitaria, e insultato infermiere e virologi sui social, sfasciato le loro macchine nei parcheggi, rinnegato per la terza volta la verità universale senza che nemmeno il gallo cantasse. E gli ospedali ora stanno chiudendo. Grazie alle vostre tesi sfasciste le Rianimazioni torneranno a soffocare di pazienti che soffocano, i carri militari ritmeranno di nuovo le loro processioni funebri. Grazie alla vostra caparbia ignoranza e cattiveria i malati, le mie malate, verranno rispediti a casa senza la cura dovuta, perchè non ci sono posti per il ricovero. E farmacisti, medici, infermieri, Oss, cominceranno di nuovo ad ammalarsi e a morire. E voi oggi tirate le bombe alle Forze, mai come questa volta, davvero dell’Ordine.
Poi torneranno a riempirsi gli obitori, ed infine rimarrete solo voi, a fare la movida, a negare il nemico, a incitare la resa, a ballare sui tavoli e sui trampoli, tra cimiteri di croci e case di riposo ormai vuote, spettrali vincitori della vostra personale guerra alla scienza, alla ragione, fino a quando un nuovo Illuminismo (e una nuova Resistenza) non vi spazzeranno finalmente via
Corrado Lauro, Cuneo
Ospedale Santa Croce a Cuneo – Il Dottor Lauro (al centro) con i suoi Collaboratori
Settantaquattresima proposta – 24 Dicembre 2020 – Da Buyiswa Mhloluvele, Chef Pasticciera, Durban (Sudafrica)
La Mascherina della Speranza nella Ripresa
Settantacinquesima proposta – 27 Dicembre 2020 – Da Riccardo Lenski, Architetto e Artista, Milano
Dal Covid alla Vita Normale
Settantaseiesima proprosta – 1 Gennaio 2021 – Da Jerome Sirling , Medico Dentista, con la moglie Cis, Cultrice di Arte; Hamden di New Haven (USA)
Un Augurio per un davvero Anno Nuovo (rielaborazione grafica di Marco Cremona)
Cari Corrado e Mirella, che anno veramente terribile è stato quello appena passato! Il Mondo è stato messo sotto-sopra! Ma ci auguriamo che possa ritornare ancòra normale. Speriamo che si manifesti uno spraazo di gioia (quando saremo tutti vaccinati). Auguriamo a Voi, e a Tutti, un anno migliore, e che sia di amore e pace per i popoli
Settantasettesima proposta – 3 Gennaio 2021 – Da Alessandra Civitico Božić, Insegnante Elementare, Valle di Rovigno (Pola) Italia
Questi lavori sono stati creati dagli allievi durante il periodo della pandemia attraverso la didattica a distanza
Per il tema “Andrà Tutto Bene”
A – Eric (il cognome non può essere indicato), Alunno della Prima Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
B – Vita (il cognome non può essere indicato) Alunna della Seconda Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
C – Matias (il cognome non può essere indicato) Alunno della Seconda Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
D – Chiara (il cognome non può essere indicato), Alunna della Prima Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
E – Jakov (il cognome non può essere indicato) Alunno della Seconda Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
Settantottesima proposta – 16 Gennaio 2021 – Da Corrado Gavinelli, Architetto e Critico di Architettura e Arte, Torre Pellice (Torino) Italia
Settimo Atto contro il Virus Corona – Allegoria della Distruzione del Covid e del Trionfo della Corona Vita (per la Scoperta del Vaccino)
Una Mina biologica si Aggira per l’Universo: è l’Ordigno del Corona Virus [Figura 1]
Con i suoi strani Spuntoni ed i vari Colori, si presenta perfino piacevole all’aspetto esteriore [Figura 2]
Bella ma Inquietante in quella sua forma morbida e spugnosa, sconosciuta, e portatrice di Pericolo e Morte [Figura 3]
Ma fortunatamente nella sua Orbita è apparso un altro Corpo oppositore. E’ il suo Antìdoto contrastante: il Vaccino di Protezione e Cura [Figura 4 – Foto della Agenzia Voisin-Phanie del 2020]
Un Rimedio che saprà Risolvere i Problemi della diffusione pandemica [Figura 5 – Foto di Kathrin Ziegler del 2021]
E ne potrà procurare la dovuta Distruzione, in una eliminante conflagrazione del Male [Figura 6]
Non più Orrenda Conduttrice di Morte, bensì nella rinnovata conformazione di una Nuova Vita, simile ad una ulteriore Grande Esplosione celeste (Big Bang) [Figura 7]
Stupefacente e Splendente come un altro Universo [Figura 8 – Fotografia della Nebulosa del Granchio ripresa dal Telescopio Spaziale Hubble della NASA/ESA: sintesi delle esposizioni sequenziali tra 1999 e 2000]
Grandiosamente trasformato in un innocuo Organismo in Espansione [Figura 9 – Foto della Evoluzione nebulare al 2021] per la Esistenza Futura
Settantanovesima proposta – 20 Gennaio 2021 – Da Alessandra Civitico Božić, Insegnante Elementare, Valle di Rovigno (Pola) Italia
Questi lavori sono stati creati dagli allievi durante il periodo della pandemia attraverso la didattica a distanza
Una Ripresa Solare
A – Eric (il cognome non può essere indicato), Alunno della Prima Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
B – Vita (il cognome non può essere indicato) Alunna della Seconda Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
C – Matias (il cognome non può essere indicato) Alunno della Seconda Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia – Dalla Oscurità alla Luce
Ottantesima proposta – 23 Gennaio 2021 – Da Silvia Pascal, Infermiera, Bagnolo Piemonte (Cuneo) Italia
Per il Tema della Luce Universale e Solare
Non è un UFO Alieno, ma una fonte di Energia Salutare
Qualcosa si manifesta sopra i Monti
Non è uno strano e sconosciuto UFO alieno
Che plana sulla Terra per atterrare ed insediarsi
E’ invece una buona fonte di Energia vitale che filtra tra gli Alberi infreddoliti e colpisce la Neve gelata
Per portare il Potere benefico dei suoi Raggi penetranti
E comporre il Nuovo Ambiente del Calore Rinforzante, contro la Morsa annichilente del Gelo
Ottantunesima proposta – 25 Gennaio 2021 – Da Alessandra Civitico Božić, Insegnante Elementare, Valle di Rovigno (Pola) Italia
Questi lavori sono stati creati dagli allievi durante il periodo della pandemia attraverso la didattica a distanza
Il Virus se ne sta Andando
A -Chiara (il cognome non può essere indicato), Alunna della Prima Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
B – Vita (il cognome non può essere indicato) Alunna della Seconda Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
C – Jakov (il cognome non può essere indicato) Alunno della Seconda Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
Ottantaduesima proposta – 26 Gennaio 2021 – Da Corrado gavinelli, Architetto e Critico, Torre Pellice (Torino) Italia
Ottavo Atto contro il Covid – Una Corona di Pasta (Metafora di Consapevolezza prandiale per il Ritorno alla Consuetudine)
In previsione delle (moderate e cautelate) aperture dei locali pubblici, la Corona di Spaghetti può diventare l’emblema caratteriale del cibo italiano (e internazionale). Preso con normalità alimentare, e senza ansia di obbligata uscita da casa. Rispettando sempre le Prescrizioni di circospezione sanitaria. Nella pentola domestica [Figura 1 (Foto di Corrado Gavinelli del 2021)], la Corona Spaghettara cuoce al calore del fornello [Figura 2 (Foto di Corrado Gavinelli del 2021)], …
… nel suo vapore ribollente [Figura 3 (Foto di Corrado Gavinelli del 2021)].
E quando è pronta, diventa la prelibatezza della tavola [Figura 4]
E del giusto appetito. Per un cibo però da consumare debitamente. E non con la scomposta, diventata famosissima, voracità abboffante di Alberto Sordi nel film Un Americano a Roma di Stefano Vanzina (detto Steno) del 1954 (“Maccarone, mi hai provocato e io ti distruggo”) [Figura 5];
e neppure negli altri smodati ingurgitamenti visibili nelle restanti esagerate scene cinematografiche più conosciute (del Totò di Miseria e Nobiltà di Mario Mattoli, anche esso del 1954; o di Fernandel impegnato in una pausa di Il ritorno di Don Camillo, del 1953 e di Julien Duvivier) [Figure 6 e 7]
Che sono non da meno tipici dei rumorosi risucchiamenti culinàri dei Giapponesi alle prese con i loro noodles di riso, che addirittura costituiscono un tema fisso dei fumetti della serie del 2018 con protagonista La Signorina Koizumi amante del Ramen con gli Spaghetti, disegnata da Naru Narumi [Figura 8]
E restando sempre a filmati e cartoni animati, per questi generi di goloso nutrimento spaghettaro sarebbe più opportuno riferirsi alla saggia tranquillità consueta che ha contrasegnato i giudiziosi comportamenti dei nostri atti altrimenti responsabili verso la pandemia e i contagi: saziandosi con la garbata voluttà, spontanea e popolaresca, della Loren ripresa in un ristorante romano nel 1953 dal fotografo Franco Fedeli [Figura 9], …
o con la dolce tenerezza neo-romantica di Lilli e il Vagabondo, raffigurati nella produzione del 1955 dell’impareggiabile Walt Disney illustrata dal suo sceneggiatore Joe Grant [Figura 10]
Ai Ristoranti, dunque (e nei pubblici locali consentiti), quando saranno accessibili e frequentabili. Ma “con giudizio”: come prescriveva Alessandro Manzoni nell’altro famigerato, e deleterio, periodo di pandemia della peste seicentesca!
Ottantatreeesima proposta -28 Gennaio 2021 – Da Antonello Urbano, Cuoco Chef di Cucina, Dietikon (Zurigo) Svizzera
Un Affresco di Cucina. Per una Alimentazione Sana e Salutare
Il Piatto, la mia Tela. Gli Ingredienti, i miei Colori
Ottantaquattresima proposta – 31 Gennaio 2021 – Da Remo Bonetto detto Trash, Parrucchiere e Artista, Abbadia Alpina di Pinerolo (Torino) Italia
Corona Virus, 2020
Ilian Corso, gestore del Ristorante-Pizzeria Lappetito (scritto senza apostropo, perchè gli avventori si sono mangiati anche quello) nel suo locale a Pinerolo [a sinistra], ed il marchio nazionale dell’esercizio [a destra], dove anche “il cibo è fatto ad arte”!
Ottantacinquesima proposta – 5 Febbraio 2021 – Da Alessandra Civitico Božić, Insegnante Elementare, Valle di Rovigno (Pola) Italia
Per il Tema “In Attesa di Baci e Abbracci”
Questi lavori sono stati creati dagli allievi durante il periodo della pandemia attraverso la didattica a distanza
A – Dante (il cognome non può essere indicato) Alunno della Prima Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
B – Chiara (il cognome non può essere indicato), Alunna della Prima Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
C – Jakov (il cognome non può essere indicato) Alunno della Seconda Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
D – Eric (il cognome non può essere indicato), Alunno della Prima Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
E – Matias (il cognome non può essere indicato) Alunno della Seconda Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
F – Vita (il cognome non può essere indicato) Alunna della Seconda Classe nella Scuola Elementare Italiana Benussi, Valle di Rovigno (Pola) Italia
Ottantaseiesima proposta – 17 Febbraio 2021 – Da Mauro Biani, Vignettista e Illustratore, Roma, Italia
Per il Tema Metaforico dei Fuochi (Falò) Valdesi del 17 Febbraio quali Emblemi di Liberazione e Rinnovamento
Nota della Redazione – I grandi fuochi che ogni 17 Febbraio appaiaono nella notte precedente del 16 (e la cui festività generale ricorre il giorno dopo) sui monti delle valli tradizionalmente abitate dai religionari di fede valdese (Protestanti del Piemonte, aderiti alla Riforma luterana nel 1532), riprendono una tradizione ottocentesca iniziata nel 1848, in qualità di fisico messaggio visivo di esultanza per la ricevuta (proprio la sera del 16 Febbraio 1848) libertà di professione religiosa che Carlo Alberto, non Re di Italia ma “per grazia di Dio Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme, Duca di Savoia, di Genova, ecc. ecc.”, nonchè Principe di Piemonte, ecc. ecc.”, aveva conferito – tramite le cosiddette Regie Patenti – ai propri sudditi non-cattolici, e particolarmente a protestanti ed ebrei. Un riconoscimento religioso e sociale negato per secoli, e che era stato contrassegnato da persecuzioni e roghi (verso eretici, dissidenti, e streghe). Quell’orrendo fuoco che prima di questa concessione carlo-albertina era il segno delle crudeli fiamme di maledizione e morte, si è trasformato in un nuovo segnale liberatorio: falò di felicità e festeggiamento, riferibile – per traslato – ad un senso di liberazione umana più generale (Corrado Gavinelli)
Ottantasettesima proposta – 17 Febbario 2021 – Da Silvia Pascal, Infermiera, Bagnolo Piemonte (Cuneo) Italia
Per il Tema Metaforico dei Fuochi (Falò) Valdesi del 17 Febbraio quali Emblemi di Liberazione e Rinnovamento – Il Falò che Brucia il Covid
Ottantottesima proposta – 17 febbraio 2021 – Da Mirella Loik, Architetto, Torre Pellice (Torino), Italia
Per il Tema Metaforico dei Fuochi (Falò) Valdesi del 17 Febbraio quali Emblemi di Liberazione e Rinnovamento – La Fioritura del 17 Febbaraio 2021!
La improvvisa, ed inattesa, Fioritura nel nostro Prato di Casa il giorno del 17 Febbraio 2021
Ottantanovesima proposta – 4 Marzo 2021 – Da Corrado Gavinelli, Architetto e Storico, Torre Pellice (Torino), Italia
NONO ATTO CONTRO IL VIRUS CORONA nella sua Terza Fase di Ritorno, più grave, della Pandemia
SU LA MASCHERA!
“Civitati florentissimae minus obfuit pestilentia, quam negligentia” (“Alla città fiorentissima la pestilenza fu di dànno minore della negligenza”, Cardinale Geronimo Gastaldi, Trattato politico-legale sulla prevenzione e debellamento della peste, 1684 [frase riferita alla epidemia romana del 1656])
Figura 1 – Corrado Gavinelli, ‘Il Carnevale del Covid’, 2021
Con la ulteriore esasperazione della diffusione non controllata (e debitamente contrastabile con la distribuzione dei vaccini di salutare rimedio, che si è cominciato a somministrare) del Virus Corona di questo ultimi mesi, e dopo la triste – ma giusta – abolizione di ogni festa carnevalesca [Figura 1], ho creduto opportuno attestare ancòra, di nuovo e più fortemente, il concetto di protezione dal morbo soprattutto tramite l’elemento maggiormente significativo dell’apparato salutare, costituito dalla Mascherina: che nel periodo più storicamente noto della espansione del contagio pestilenziale durante il Seicento, ha ricevuto la propria configurazione eclatante nella Maschera corvina del Dottore della Peste [Figura 2].
Figura 2 – Paul Fürst, ‘Il Dottor Schnabel di Roma’, 1656
Che significativamente un anonimo illustratore odierno (della Compagnia Grafica Freepik di Màlaga in Spagna) ha saputo nel 2019 cògliere nella sua entità di corrispondenza iconologica verso una paritetica condizione medica similare, in un efficace confronto di due dottori con le loro tipiche tute terapeutiche: quella contemporanea indossata dal personale sanitario per il Covid, in un apparato complesso e inusuale ma ormai comune, e l’altro più stravagante scafandro seicentesco con il famoso e aggressivo becco prominente. Entrambe strumenti di una medesima funzione salutare, che ha sostenuto il provvidenziale utilizzo di scopo globale per la salvezza della umanità [Figura 3].
Figura 3 – Autore Anonimo (della Compagnia Grafica Freepik di Màlaga), ‘Dottore della Peste Medico Moderno’, 2019
Si trattava, per il Vestito della Peste del Seicento, di una apparecchiatura tecnica rapidamente diffusa tra i medici dell’epoca, e divenuta emblematica e di particolare considerazione, anche iconografica, per il suo curioso ed inconsueto aspetto, e perfino a causa del macabro senso di repulsione e paura che la sua forma, insieme a tutto il conseguente abbigliamento indossato dai dottori nella espletazione del loro còmpito (e dovere) di curatori e guaritori, provocava alla vista dei pazienti e delle persone in genere.
E per quanto tale espediente di attrezzamento sanitario era funzionalmente stato realizzato proprio per una più sicura protezione dal contagio, alla fine esso passò, a causa del suo inquietante apparato sostanzialmente mostruoso, per un abbigliamento di terrore e di presagio mortale.
E la sua storia che espongo brevemente di sèguito, insieme ad alcune sue corrispondenze culturali e antropologiche che la riguardano, ne porge una sintetica analisi epocale ed interpretativa di interessante conclusione (il cui completo sviluppo più ampio e rifinito rimando ad un prossimo mio saggio congruente).
MASCHERE PER NASCONDERE E PER RICONOSCERE, E PER DICHIARARE (INFORMARE, ED AVVERTIRE, E CURARE)
La seicentesca Maschera del Dottore della Peste, nonostante la sua impressionante similarità con gli oggetti di camuffamento usati nei carnevali, e soprattutto in quello famosissimo di Venezia, non è un apparato appartenente a quel genere di abbigliamento festaiolo e di divertimento sociale, bensì – al contrario – venne adottata come mascheratura non medica all’inizio del Settecento quando la peste venne debellata, e la immagine di quel vestiario sanitario scomparve e finì per confluire, come elemento caratteristico pari ad altri, negli eventi mascherati di genere pubblico-privato.
Ma quella maschera neppure si può considerare, alla maniera di altri mezzi di nascondimento storici, un elemento di occultamento voluto e totale della personalità dell’utente, come nelle convenzioni sociali lo è stato da secoli e tuttora lo è in occasione di feste carnevalesche, nelle apparizioni in pubblico da mantenere discrete, o addirittura per l’accorgimento di celare le identità da parte di individui scomodi, esclusi dal potere dominante oppure banditi dalla legalità (di cui è un tipico esmpio la figura leggendaria di Zorro). E nemmeno, qusto sistema di occultamento, si può ritenere un espediente di riconoscimento identificativo diretto, secondo quanto talvolta è avvenuto in certe circostanze particolari, quali sono state i calchi per maschere funerarie di defunti importanti da tramandare nel ricordo fisico alla storia.
La seicentesca Maschera della Peste era un mezzo efficace di informazione visiva nei confronti di una situazione particolare in atto, o di un evento esecutivo che stava compiendosi. Il medico che la indossava non voleva celare la sua identità, e neppure nascondersi di fronte ad una situazione contingente: all’opposto, egli intendeva avvisare con quella figura preoccupante la sua presenza di curatore a riguardo di una nota, e pericolosa, malattia morbosa, e contemporaneamente voleva dichiarare il senso specifico del suo operato sanitario in mezzo alla gente, ed a tutti gli individui.
Tanto è vero che la sua effigie – al tempo della peste marsigliese del 1720-22, diffusasi anche in buona parte della Provenza – venne utilizzata per segnalare la presenza della malattia su speciali steli lapidee marcanti il perimetro di protezione dal contagio determinato da un apposito muro di pietre eretto per non essere varcato e starne lontani [Figura 4].
Figura 4 – Un cippo lapideo con incisa la figura conosciuta del Medico della Peste, eretto in Francia a Cabrières persso Avignone, per segnalare il vicino Muro di confinamento dalla pandemia
La prima maschera col becco adunco
E’ nel 1656, e a Roma, che la prima Maschera del Dottore della Peste fa la sua apparizione, almeno nella propria rappresentazione iconografica tipica, come elemento caratterizzante la epidemia pestifera, scoppiata nella capitale del Lazio. Ed è opera convenzionalmente attribuita all’incisore tedesco Paul Fürst di Norimberga; che quell’anno fatale pubblicò una stampa, inizialmente in bianco-nero e dopo a colori [Figure 5 e 2], intitolata il Dottor Schnabel di Roma (di cui è da notare che l’appellativo del medico non è un effettivo cognome, bensì l’epiteto del suo reale significato, che corrisponde in italiano a Becco!: quel particolare suo elemento sporgente portato sul volto), e mostrante la ormai famosa figura del Medico della Peste con lungo abito nero, cappello piatto altrettanto scuro e pantaloni chiusi alle caviglie, mani coperte di guanti, e la stravagante maschera caratteristica – occhialuta – sulla faccia, con un grande becco adunco prominente, e conclusivamente con un bastone di legno in mano.
Figura 5 – Paul Fürst, ‘Il Dottor Becco di Roma’, 1656
Questa immagine tuttavia è stata ripresa da una altra raffigurazione coeva, ed appena precedente (meno nota e scarsamente citata dagli storici e dai critici perché più elementare graficamente, e didascalicamente non polemica come quella fürstiana) [Figura 6], realizzata dall’incisore anch’egli tedesco Gerhart Altzenbach di Colonia, importante editore di opere d’arte su rame che si faceva chiamare addirittura il “santo stampatore”.
Figura 6 – Gerhart Altzenbach, ‘Abbigliamento in mezzo alla Morte’, 1656
In questo suo disegno egli si occupa di diffondere il nuovo aspetto del medico della peste debitamente attrezzato con il proprio apparato protettivo, in una maniera realistica e descrittiva (anche figurativamente, poiché il bastone da dottore è una semplice verga di pura funzione distanziatrice dei malati, o di cautelativo contatto indiretto nei confronti degli oggetti contaminati dei pazienti da verificare in posizione discosta.
Ed il commento didascalico del suo testo riporta soltanto l’oggettivo riferimento al còmpito sanitario di soccorso che i dottori prestavano ai malati: “Come si vede nella immagine / A Roma i medici compaiono / Quando sono chiamati presso i loro pazienti / Nei luoghi colpiti dalla peste / I loro cappelli e mantelli, di foggia nuova / Sono in tela cerata nera / Le loro maschere hanno lenti di vetro / I loro becchi sono imbottiti di antidoti / L’aria malsana non può far loro alcun male / Né li mette in allarme / Il bastone nella mano serve a mostrare / La nobiltà del loro mestiere, ovunque essi vadano”.
Invece la incisione del Fürst è una sorta di risposta scettica, con forte inflessione satirica, alla descrizione altzenbachiana precedente: “Credimi, è soltanto una favola / Ciò che viene scritto del Dottor Becco / Che invece fugge dal contagio / E carpisce i soldi ai pazienti / Cercando cadaveri per guadagnarsi da vivere / Proprio come il corvo su un mucchio di letame / E credimi, non distogliere lo sguardo, Roma / – Chi non sarebbe molto spaventato / Davanti al suo piccolo bastone / Con cui intende di parlare come se fosse muto / E indica la sua decisione di morte / Così tanti ritengono di essere stati toccati / Da un diavolaccio nero / Il cui inferno si rivela una capiente borsa / E le anime che prende sono d’oro”.
Una versione decisamente trasformata, ed anche ampliata, di cui mi permetto di produrre una mia traduzione più corrispondente agli originari versi latino-tedeschi, con la loro effettiva trasposizione in rime baciate quali sono state originariamente scritte: “Come si vede in questa illustrazione / A Roma i medici han fatto apparizione / Quando dai lor pazienti son chiamati / Nei luoghi dalla peste contagiati / Cappelli o manti, di nuova abbigliatura / fatta di tela in cera, nera o scura / Cappucci con occhiali disegnati / E becchi con antidoti infilati / Che l’aria impura non possa danneggiare / O al dottore allarme procurare / E col bastone in mano ben mostrato / di un nobile mestiere ovunque dato”.
Ma oltre alla sua divergenza didascalica, la stampa del Fürst contiene anche alcune aggiunte figurativamente devianti, di altrettanto significato eccessivamente caricato, tra cui, principalmente, le unghie rapaci dei guanti, ed il bastone ornato in cima da una clessidra con ali di pipistrello, esplicito elemento di ammonizione mortifera: tutti elementi indicatori di un mònito macabro, ulteriormente accentuato dalla intrusione figurativa – inesistente prima – sullo sfondo della immagine, di un minaccioso medico mascherato da cui tutti scappano, accanto ad una città abbandonata caduta in rovina [Figure 7 e 8].
Figure 7 e 8 – Dettaglio nella stampa del Fürstriferito al bastone sanitario usato dal Medico della Peste come è stato rappresentato , con l’àpice decorato mortuariamente da una clessidra dotata di ali di pipistrello [sopra]. E [sotto] il particolare della medesima incisione fürstiana raffigurante un gruppo di persone fuggenti davanti al costume spaventante del Dottore della Peste, fuori da una città diroccata
In verità i Medici della Peste utilizzavano una semplice bacchetta, come ho indicato prima, per tenere lontani i pazienti infetti e rovistare tra le loro cose contagiate, ad una distanza sicura; ma a volte usavano anche legni, che a volte erano aromatici (secondo una usanza che proveniva dalla più antica tradizione medievale dei lunghi lumi usati nelle processioni o nei cortei funebri dagli appartenenti alle Confraternite religiose) e venivano accesi in punta per il loro profumo, in modo da mitigare il fastidio degli odori putridi dei morti o dei moribondi, e addirittura per bruciarne le ferite infette [Figure 9 e 10].
Figure 9 e 10 – Due acquarelli del 1910 dell’illustratore francese Paul Bineteau : ‘Un Medico indossante un Costume seicentesco di protezione contro la peste’ [sopra], e ‘Costume di un Chirurgo quarantenario durante la Peste nel Lazzaretto di Marsiglia nel 1819, mentre brucia il Bubbone pestilenziale’; entrambi riportanti i tipici indumenti di un Dottore e di un Infermiere come erano vestiti tra Seicento e Sette-Ottocento
Lo sconosciuto autore della stampa del Dottore della Peste
Ancòra prima, però, delle immagini pubblicate da Altzenbach e dal Fürst, esiste una ulteriormente precedente – sebbene sempre dello stesso anno 1656 – raffigurazione identica, per quanto differentemente illustrata e commentata nella didascalia, fatta circolare anonimamente e sempre a Roma (ma contemporaneamente anche a Perugia) su un foglio sciolto sinteticamente disegnato [Figura 11]. Si tratta dell’indubbio prototipo da cui gli incisori tedeschi hanno immediatamente ripreso le loro riproduzioni, con i corrispondenti riferimenti scritti che poco fa ho esposti.
Figura 11 – Autore Ignoto, ‘L’Habito con il quale vanno i Medici per Roma’, 1656. E’ la stampa originale (riferibile allo sconosciuto disegnatore romano Italo Columbina: si veda la Figura 12) pubblicata (a Roma e a Perugia) dall’editore perugino Sebastiano Zecchini
Ma se nella litografia lo stampatore in questione ha chiaramente riferito il proprio nome (Sebastiano Zecchini, editore perugino), dell’effettivo autore della immagine nulla egli ha lasciato indicato. Tenendo nel completo anonimato la paternità di questa formidabile icona, divenuta poi nei secoli un esemplare emblema del vestiario medico ai tempi della peste seicentesca, e dopo.
Di tale ignoto disegnatore italiano possono essere due le possibili attribuzioni identificative: la prima, che si tratti dello stesso stampatore perugino (ipotesi tuttavia scartabile anche per il fatto che le mie ricerche rivolte in tale direzione non hanno dato risultati confermanti), e l’altra riguardante quello sconosciuto artista che si firma “I. Columbina” esplicitamente riportato nella incisione fürthiana in basso al centro, e che dichiara di avere eseguito il ritratto del medico “dal vero” [Figura 12].
Figura 12 – Particolare della incisione del Fürst in cui è chiaramente riportato il nome del disegnatore della immagine (I. Columbina), che viene da lui indicata come “ripresa da vero”
Questo per altro strano nome, di cui anche nei suoi confronti le mie abbondanti e puntigliose indagini di ritrovamento hanno dato inesistenti riscontri, o è un nominativo trascritto malamente dall’incisore tedesco, e dunque come tale irrintracciabile, oppure può corrispondere a quel disegnatore che gli esperti del Museo Britannico di Londra ritengono si tratti di un – però anche a loro persona sconosciuta – “J. Columbina”, ovvero anche un possibile “Columbani” (o magari, come più precisamente considero io, un Colombani, se non Colombano: di cui però ugualmente, non sono riuscito a ritracciare alcuna notizia).
Il nome Colombani storicamente più noto, e corrispondente all’epoca in questione, è quello del veneto Paolo, “libraio e stampatore matricolato” (cioè con attestato di matricolazione professionale), nato nel 1722 e morto nel 1800; nei cui dati di riferimento la scheda sempre museal-britannica già riporta una strana incongruenza, attribuendogli una pubblicazione di un testo del Metastasio – l’Artaserse – uscita nel 1730 quando l’editore aveva soltanto 8 anni! E nella cui ascendenza genealogica comunque non appare parente alcuno con iniziale I (o J).
E sebbene senza un accertabile autore, tale gloriosa immagine del 1656 rimane comunque in assoluto la raffigurazione iniziale di quel genere di indumento medico, poi sempre più comunemente indossato nel secolo successivo, e ripreso analogamente addirittura fino all’inizio del Novecento! Perché mai prima – per quanto se ne sappia – una simile figura è stata rappresentata (risultando descritta soltanto verbalmente).
L’inventore della Tuta della Peste
Quella attrezzatura sanitaria con strana maschera corvina è infatti comparsa molti anni prima del 1656 (e la si ritrova dal 1619 a Parigi, durante la peste francese del 1615-21, giunta nella capitale di Francia nel 1618), venendo utilizzata quale provvidenziale rimedio verso la possibilità di contagio dei medici in rapporto diretto con i malati, e come strumento di protezione pressocchè totale da ogni contatto fisico. E la sua invenzione è stata opera del famoso “dottore dei tre monarchi” francesi (Enrico IV, Luigi XIII, e Luigi XIV il Re Sole), Charles De L’Orme, più elementarmente trascritto Delorme; che davanti al problema infettivo in presenza di pazienti contagiosi e in mancanza di opportuni mezzi protettivi, ideò quella complessa tuta, pressocchè ermetica, per salvaguardarsi da infezioni possibili, mortalmente deleterie, nella necessità di potere proseguire indenne il proprio lavoro di curatore (e guaritore).
Ma di quel suo apparato rimangono soltanto descrizioni scritte, e nessuna raffigurazione visiva nel suo periodo (di cui comunque, e indubbiamente, le riproduzioni tipiche di quasi 40 anni dopo sono del tutto corrispondenti al prototipo iniziale delormeano): e le notizie più autorevoli di tutte rimangono le dichiarazioni epocali riportate dall’amico del medico francese, il connazionale Abate Michele di Saint-Martin (Scudiero del Re e Signore della Mare du Désert, Marchese di Miskou nella Nuova Francia – l’antico Canada, allora colonia francese -, Dottore in Teologia alla Università di Roma e poi Rettore dell’Università di Caen), personaggio eccentrico ma anche estremamente sfortunato fisicamente, per la sua natura alquanto deforme, che ha testimoniato ideazione e realizzazione attribuite al Delorme in varie occasioni, espresse in un suo libro biografico da lui scritto su quel dottore: tanto nella prima edizione del 1682 (“Non dimenticò mai il suo cappotto di cuoio del quale era l’autore, che lo copriva dai piedi alla testa a forma di imbracatura, e quella maschera della stessa pelle cui aveva fatto attaccare un naso lungo mezzo piede per contrastare l’aria maligna”) quanto nella seconda dell’anno dopo, 1683 (“Si era fatto, diceva, un abito di tela, in cui l’aria malsana difficilmente poteva penetrare: si metteva in bocca aglio e ruta, infilava incenso nel naso e nelle orecchie, e si copriva gli occhi con lenti tonde; e in questo equipaggiamento assisteva i malati, guarendo quasi tutti ai quali affidò i suoi rimedi”).
Prima della peste del Seicento
Le iniziali normative di governo per la “prevenzione alla diffusione delle malattie epidemiche gravi”, soprattutto riferite alla peste, sono state prese (secondo quanto riferisce lo storico inglese William Wadd, Cavaliere e “Chirurgo Straordinario del Re” britannico, autore di un testo – Massime Memorabili e Memorie – uscito nel 1827 e pubblicato dagli stampatori Callow e Wilson specializzati nella vendita di libri medici) in Italia, e particolarmente in “Lombardia, e a Milano, negli anni 1373, 1383, e 1399”.
In precedenza non esistevano particolari studi o indicazioni di rimedio specifiche o scientifiche verso le malattie gravi, e ci si affidava soltanto a prescrizioni generiche basate sulla tradizione empirica e perfino sul riferimento autoritario alle opere classiche, oppure arrivando all’estremo affidamento disperato verso la provvidenza divina: come ancora nel 1576, in piena peste bubbonica, il famoso Cardinale milanese Carlo Borromeo ricordava ai suoi concittadini, irresponsabilmente dèditi ad ogni sorta di evasioni edonistiche (“le mascare, le comedie, i giuochi paganeschi, i balli, i banchetti, gli eccessi delle pompe, le spese disordinate, le risse, le questioni; gli homicidii, le lascivie, le disonestà, le mostruose pazzie e dissolutezze tue”), incitandoli a contrastare “la verga del castigo” della epidemia aggrappandosi al “bastone del sostegno” di Dio.
E fu questo il principale motivo per cui durante gli anni più cruenti della Peste Nera (1346-1353) durante il Medioevo, che nulla si riuscì a fare nei confronti del dilagare del morbo in tutta la Europa, ed in Asia, da dove la malattia proveniva, trasportata attraverso la Via della Seta.
Ed ancòra nel 1630-31, all’ennesimo propagarsi della pandemia pestìfera, siamo in possesso di un sostanziale incapacità di affrontare la malattia con interventi e rimedi risolutori; che le accorate parole del medico veneziano Alvise Zen hanno illustrato con chiare conclusioni di rassegnazione, descrivendo uno scenario devastante da romanzo manzoniano: “Per secoli non ci fu calamità più spaventosa della peste. Il morbo veniva”, anche questa volta, “dall’Oriente e dunque tutte le strade del commercio […] si trasformarono in vie di contagio”. Ed anche per mare, “Assieme alle spezie e alle stoffe preziose, le navi […] trasportarono […] la morte nera”. Lasciando uno “spettacolo così desolato” che costrinse “sùbito” a prendere “una serie di provvedimenti per arginare l’epidemia: furono nominati delegati per controllare la pulizia delle case, vietare la vendita di alimenti pericolosi, chiudere i luoghi pubblici, perfino le chiese. […] Potevamo circolare liberamente solo noi medici. Gli infermieri e i becchini dovevano portare segni distintivi visibili anche da lontano; noi indossavamo una lunga veste chiusa, guanti, stivaloni, e ci coprivamo il volto con una maschera dal naso lungo e adunco e occhialoni che ci conferivano un aspetto spaventevole. Alzavamo le vesti dei malati con un lungo bastone e operavamo i bubboni con bisturi lunghi come pertiche”. Ed in mezzo a tutto questo confuso avvilimento perfino “Illustrissimi medici dell’università […], chiamati per un consulto, disconoscevano addirittura l’esistenza del morbo”, così che “guaritori e ciarlatani inventavano inutili antidoti”.
La Tuta medicale di Delorme, di cui testimonia anche la descrizione zeniana, era comunque sconosciuta nei secoli precedenti, ed i dottori della peste normalmente visitavano i loro pazienti senza precauzioni opportune, come continuamente attestano le opere artistiche tanto nel Cinquecento quanto nei secoli medievali [Figure 13 e 14].
Figure 13 e 14 – Due significative immagini dei curatori della peste nel Cinquecento e nel Quattrocento: nella incisione a bulino (‘La peste durante l’Assedio di Leida’) [sopra], dell’artista olandese Willem De Haen del 1634-35 (in cui è raffigurato il tipico modo cinquecentesco di assistenza medica – con un dottore tra i malati della pestilenza scoppiata nel 1573-74 nell’assedio della città belga da parte delle truppe spagnole, nella cosiddetta Guerra degli Ottanta Anni – che semplicemente osserva le urine dei pazienti senza alcun accorgimento protettivo); e nella illustrazione di autore ignoto (‘San Francesco e suoi Monaci mentre curano vittime della lebbra in Italia’) [sotto] contenuta nel Codice ‘La Franceschina’ di Monteluce presso Perugia scritto dal frate francescano perugino Jacopo Oddi nel 1474-76 (con i curanti a diretto contatto dei contagiati, secondo un tradizionale criterio medico-assistenziale proveniente intatto dal Medioevo)
Altre Maschere dei Dottori della Peste
Dopo le illustrazioni del 1656, il Dottor Becco della Peste con il suo caratteristico vestiario protettivo e mascherato, si è definitivamente fissato nella propria immagine di tipicità iconografica, ritornando nelle pubblicazioni variamente stampate, periodicamente, per tutto il Settecento e oltre [Figure 15 e 16].
Figure 15 e 16 – Due immagini, rispettivamente del 1720 e del 1826, del convenzionale Vestito del Medico della Peste: la prima [sopra], stampata (e molto probabilmente anche incisa) da Philippe Planche (‘Abito dei Medici, ed altre persone, che visitano gli Appestati’) per il ‘Trattato sulla Peste’ del dottore francese Jean-Jacques Manget del 1721; e la seconda [sotto], disegnata dal medico londinese William Wadd, chirurgo straordinario del Re Giorgio IV del Regno Unito (Gran Bretagna e Irlanda), per il suo libro ‘Massime Memorabili, e Memorie’, uscito nel 1827. Per informazione, è evidente che la illustrazione planchese è stata presa da modello per le figure sulle steli della peste marsigliesi [si veda la Figura 4]
Proseguendo con aggiornamenti tecnico-epocali – oppure con reiterati criteri tradizionali – fino al Novecento [Figure 17 e 18].
Figure 17 e 18 – Due foto, entrambe di autori sconosciuti, riportanti la evoluzione – tradizionale e modernizzata – del seicentesco vestiario medico per la peste: in un posto di controllo doganale sulla isola veneziana di Poveglia (‘Uomo con la Maschera della Peste’, 1898) [sopra] e nella tuta del personale sanitario cinese in Manciuria (‘Abito protettivo per i Medici contro la peste polmonare’, 1911) [sotto]
Diventando quindi, in certi casi, autentici esemplari della odierna attrezzatura sanitaria di protezione, utilizzata dal personale medico per ripararsi dalla attuale pandemia covidese, e per opportunamente contrastarla nella lotta alla sua espansione [Figura 19].
Figura 19 – La odierna Tuta medico-protettiva (isolante e monouso) prodotta dalla società di attrezzature sanitarie Ikbolo a Pechino, per il solo mercato cinese (2020)
L’INVENTORE DELLA MASCHERINA MODERNA A PROTEZIONE DAI BATTERI E DAI CONTAGI
Conclusivamente, non voglio dimenticare – su questo argomento di mascherature e mascherine – di considerare Wu Liande (nome così scritto nella ufficiale dizione linguistica cinese della fonetica pin-in, che nella trasposizione anglo-sassone viene più solitamente riportato come Wu Lien-teh) finora rimasto pressocchè sconosciuto al pubblico comune e non specializzato in questioni di medicina moderna: che è il grande medico malese, di origine cinese, nominato Premio Nobel della Medicina nel 1935 per essersi prodigato nella cura delle terribili epidemie di colera e peste polmonare scoppiate in Manciuria nel 1910-11, e poi nel 1920-21 e durata fino al 1931), che ha ideato la moderna mascherina protettiva da portare sul viso (allora confezionata con cotone idrofilo, successivamente rifinito in strati sovrapposti di garza) [Figura 20], usata per gli interventi chirugici e per la difesa dai contagi, ed ancòra adesso indossata comunemente dal personale sanitario guerriero contro il Virus Corona, ma anche da tutti noi [Figura 21].
Figure 20 e 21 – Una foto (di autore ignoto) del 1916 [sopra] mostrante i dottori Wu Liande (a destra) e Frederick Eberson (medico e chirurgo newyorkese, ricercatore esperto di batteriologia), entrambi con la mascherina protettiva, durante un esperimento all’aperto di inalazione contro la peste nel Laboratorio dell’Ospedale a Mukden in Manciuria; e un manifesto pubblicitario (‘Guerrieri del 2020’, disegnato dal giovane illustratore francese Léo Finjean di Vannes in Bretagna) [sotto] raffigurante la Mascherina Contemporanea, indossata dal personale sanitario odierno ‘combattente’ contro la pandemia (in cui viene ricordata anche la precauzione personale di proteggersi “Stando in Casa”)
Wu ha dedicato la sua vita, in mezzo agli ammalati colerosi e di peste pneumonica, per fermare il terribile dilagare della pandemia in Cina, ricercando tutti gli espedienti possibili per trovare una cura e un rimedio efficaci [Figure 22 e 23].
Figure 22 e 23 – Entrambe di autori sconosciuti, queste fotografie mostrano l’attività di ricerca sperimental-curativa del medico sino-malese (‘Wu Liande nel suo laboratorio a Wukden’, nel 1929) [sopra] e la sua prestazione sanitaria tra gli appestati manciuriani con i suoi numerosi colleghi e collaboratori (‘Medici e Infermieri della Peste Polmonare in Manciuria’, nel 1930)
Ed a lui deve andare la nostra riconoscente gratitudine per avere inventato questo semplice, esiguo, ma eccezionale mezzo di contrasto verso gli agenti patogeni ovunque in circolazione (ed in agguato).
Che è di dovere a noi tutti di usare, per la nostra incolumità, e la sicurezza degli altri: come ha fatto il suo geniale (e generoso) ideatore [Figure 24 e 25].
Figure 24 e 25 – La stessa immagine riproducente le fattezze di Wu Liande (Fotografo Ignoto, ‘WLT intorno al 1920’, senza data) con il viso scoperto, e con la odierna Mascherina protettiva da lui provenuta (Corrado Gavinelli, ‘WLT intorno al 2020’, 2021)
NOVANTESIMA PROPOSTA – 21 Marzo 2021 – Da Alessandra Civitico Božić, Insegnante Elementare, Valle di Rovigno (Pola) Italia
Per il Tema “La Primavera e i Fiori come Messaggio di Ripresa”
Questi lavori sono stati creati dagli Allievi (i cui cognomi non possono essere indicati) durante il periodo della pandemia attraverso la didattica a distanza
Jakov, Alunno della Seconda Classe – Un Fiore
Dante, Alunno della Prima Classe – Tre Fiori
Matias, Alunno della Seconda Classe – Un Insieme di Fiori
Chiara, Alunna della Prima Classe – Tanti Fiori
Eric, Alunno della Prima Classe – Fiori sulla Pianta
Vita, Alunna della Seconda Classe – Fiori, Alberi Fioriti, e … Animali
NOVANTUNESIMA PROPOSTA – 28 Marzo 2021 – Alessandra Civitico Božić, Insegnante Elementare, Valle di Rovigno (Pola) Italia
Per il Tema “E dopo i Fiori, anche gli Animaletti si Risvegliano”
Questi lavori sono stati creati dagli Allievi (i cui cognomi non possono essere indicati) durante il periodo della pandemia attraverso la didattica a distanza
Eric, Alunno della Prima Classe – Appena Fatti!
Matias, Alunno della Seconda Classe – Pronti da Sistemare
Vita, Alunna della Seconda Classe – A Terra e sugli Alberi
Chiara, Alunna della Prima Classe – Sulle Rocce
Dante, Alunno della Prima Classe – Sulla Pianta
Dante – Tra i Rami
NOVANTADUESIMA PROPOSTA – 31 Marzo 2021 – Da Germano Neri (per Europa InCanto), Maestro di Orchestra e Compositore Musicale, Roma (Italia)
CoroNonVirus – Nessun Dorma, Canto di Speranza
NOVANTATREESIMA PROPOSTA – 8 Aprile 2021 – Da Corrado Gavinelli, Architetto e Storico, Torre Pellice (Torino) Italia
Sorpresa Pasquale (rielaborazione con mascherina effettuata su un disegno di Maria Loretta Giraldo Dall’Uovo di Pasqua del 2020)
Corrado gavinelli, 2021 (sopra), e Maria Loretta Giraldo (sotto)
Il Vaccino dalle Uova – La Agenzia Huffington Post il 07/04/2021 ha annunciato, con un articolo di Cronaca di Linda Variese, che “Un nuovo vaccino a basso costo prodotto con le uova potrebbe cambiare il corso di questa pandemia”. L’antidoto al Covid-19, “chiamato NDV-HXP-S, oltre alla potenziale efficacia, è anche estremamente facile da realizzare”. E “nella prima fase di sperimentazione clinica” applicata “in Brasile, Messico, Thailandia e Vietnam”, annuncia interessanti promesse di risultati; che la dottoressa Anna Rubartelli, professoressa della Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e membro del gruppo Scienziate per la Società, ritiene “Vaccino potenzialmente ottimo”
Biserka Stojanovic, Il Vaccino dalle Uova, 2021
NOVANTAQUATTRESIMA PROPOSTA – 9 Aprile 2021 – Da Alessandra Civitico Božić, Insegnante Elementare, Valle di Rovigno (Pola) Italia
Per il Tema “Uova di pasqua (con Coniglietti)” – Questi lavori sono stati creati dagli allievi (i cui Cognomi non possono essere indicati) durante il periodo della pandemia attraverso la didattica a distanza
Da Matias, Alunno della Seconda Classe
Da Vita – Alunna della Seconda Classe
Da Eric, Alunno della Prima Classe
Da Dante, Alunno della Prima Classe
NOVANTACINQUESIMA PROPOSTA – 9 Giugno 2021 – Da Giorgio Casati, Architetto e Artista, Milano (Italia)
Mascherina o Bavaglio – Mathare – Nairobi, 2020
NOVANTASEIESIMA PROPOSTA – 16 Luglio 2021 – Da Corrado Gavinelli, Architetto e Storico, Torre Pellice (Torino) Italia
DECIMO ATTO CONTRO IL VIRUS CORONA per il ritorno della Quarta Ondata.
NON MASCHERIAMO GLI ENTUSIASMI, E PROTEGGIAMOCI DAI NUOVI PERICOLI DI CONTAGIO
Dopo la rassicurante somministrazione internazionale del Vaccino Anti-Covid, che ha concesso una più sollievante sicurezza dagli attacchi della pandemia, con la recente eliminazione dell’obbligo, all’aperto, della Mascherina di protezione dai possibili contagi del Virus Corona, e le ampie riaperture delle opportunità di incontri pubblici in locali ed esercizi di intrattenimento, si è affacciata una nuova condizione di gestione della epidemia, più liberatoria ma anche maggiormente rischiosa, a causa delle aumentate situazioni di infezione (e numerosi nuovi casi di malattia) [Figura 1].
Figura 1 – L’autore senza Mascherina per le liberalizzazioni protettive all’aperto stabilite questo mese di Luglio 2021
In più, ultimamente, si sono verificati non soltanto situazioni di pericoloso aumento del contagio, ma pare che la cosiddetta Quarta Ondata virale – aumentata dagli aspetti inaspettati delle varianti pandemiche – si manifesterà più estesa e micidiale deLLE contaminazioni precedenti.
Già il numero degli ammalati e dei morti sta salendo preoccupantemente, e dunque la necessità di una rinnovata precauzione verso una più sicura opposizione all’allargarsi del contagio, risulta prescrittiva e da non considerare marginale.
E pertanto, anche in situazioni di grande partecipazione pubblica, come è avvenuto per la ultima recente vicenda delle competizioni calcistiche di Europa 2020, è opportuno non sottovalutare ogni cautela attuabile.
Un evento, quello della Coppa Europea, che per noi Italiani è stato indubbiamente importante e indimenticabile, perché la vittoria della nazionale azzurra ha ricomposto una dissolta, e sfiduciata per le varie incombeze di contagi pandemici e persistenze di disagio economico, unità nazionale, che senza dubbio ha fornito agli Italiani una rinnovata energia collettiva oltre che una complessiva felicità esplosiva [Figura 2].
Figura 2 – L’entusiasmo incontenibile della compagine italiana per la vittoria della Coppa di Europa di Calcio nel 2021
L’impresa sorprendentemente raggiunta, anche per il totale impegno sul campo del collettivo del suo allenatore Mancini che ha coinvolto tutti gli atleti nella virtuosità del gioco de singoli componenti perfino nella decisiva azione del portiere [Figura 3], ha infuso in tutti gli sportivi una nuova esultanza che all’inizio era solamente una speranza possibile e poi si è rivelata una realtà incontrovertibile, mostrandosi adesso una decisa proiezione per il futuro della nazionale.
Figura 3 – La decisiva parata, da parte del portiere italiano Donnarumma, dell’ultimo rigore inglese tirato da Saka
L’entusiamo nei festeggiamenti per la conquista della Coppa europea [Figura 4], e la partecipazione contenta di tifosi ed appassionati italiani negli stadi e nelle strade, è giustamente una manifestazione di soddisfacimento lecito e dovuto;
Figura 4 – La Coppa dell’Euro 2020 stagliata sui fuochi di artificio nell campo di Wembley durante la cerimonia di festeggiamento prima della partita (Foto UEFA 2021)
eppure le condizioni estreme, e non prudentemente contenute, con cui quegli atti sono stati esibiti [Figure 5 e 6], soprattutto in un affollamento eccessivo ed in una promiscuità esagerata, e senza protezioni, pongono un lecito commento (parziale, certamente, ma non meno allarmante) di concreta disapprovazione, le cui espressioni esasperate si dovrebbero più opportunamente condizionare.
Figure 5 e 6 – I festeggiamenti per la vittoria, il giorno dopo – Sopra, in una foto di Claudio Villa, dal titolo Tifosi d’Italia (si noti che alcuni – ma pochissimi – indossano la Mascherina); e sotto, una istantanea di Angelo Carconi, Tifosi che celebrano la Nazionale di Calcio in Via del Corso a Roma (tutti ammassati senza Mascherina)
E che in altre circostanze invece, come nell’incontro ufficiale dei Calciatori italini con le loro autorità di Stato, è avvenuto con migliore attuazione [Figura 7]. Come ancòra di più è stato composto dagli organizzatori inglesi della Finale calcistica, nella tenuta protettiva del viso di tutti gli attori che hanno svolto le coreografie nella cerimonia precedente alla partita, effettuando le loro performazioni con il volto coperto dalla debita protezione sul viso [Figura 8].
Figure 7 e 8 – Il corretto uso della Mascherina: sopra, nell’incontro ufficiale della Nazionale di Calcio Italiana con il Primo Ministro di Italia Mario Draghi (foto di Tiziana Fabi); e, sotto, nella esibizione impeccabilmente mascherata dei componenti inglesi durante lo spettacolo pre-partita per la cerimonia finale della competizione sportiva di Euro 2020 nello Stadio londinese a Wembley
Favorevoli dunque al festevole entusiasmo generale che hanno mostrato i nostri Giocatori, e componenti tecnici, per la vittoria; ma anche – metaforicamente – nel possibile adattamento ad una appropriata protezione virale [Figure 9 e 10].
Figure 9 e 10 – Tripudio per la vittoria, senza (sopra) e con (sotto) Mascherine!
Come incredibilmente fanno, dal lontano Sudafrica, e nello sperduto villaggio rurale di Ndengane sulla Costa Orientale verso l’Oceano Indiano, i giovani Calciatori dei Young Pirates, imprevedibili tifosi del Torino Calcio, che tolgono le loro Mascherine soltanto al momento di entrare in campo per la partita
E come sarebbe anche – e per adesso ancòra, considerando l’espansione rapida della Variante Delta – richiesto a tutti noi [Figura 11].
Figura 11 (numero come i omponenti di una squadra di calcio in campo) – L’autore con protezione mascherata
NOVANTASETTESIMA PROPOSTA – 27 Ottobre 2021 – Da Corrado Gavinelli, Architetto (Artista) e Storico, Torre Pellice (Torino) Italia
UNDICESIMO ATTO CONTRO IL VIRUS CORONA per la necessità della Cartificazione Verde (e del Vaccino)
SOSTENIAMO LE PRESCRIZIONI SALUTARI, CONDANNIAMO I METODI DI SOLUZIONE NEGATIVA, E COMBATTIAMO LA TERZA GUERRA MONDIALE EPIDEMICA
Per vincere la pandemia del Covid, ancòra diffusa internazionalmente e non debellata su tutto il pianeta terrestre
Con la prosecuzione, mai arrestata (né tanto meno conclusa), della pandemia da Covid 19 e sue mutazioni, siamo entrati in una fase di combattimento del virus che possiamo definire – eufemisticamente – una sorta di terza Guerra Mondiale sanitaria.
La cui eco si riscontra ancòra fatale nelle quote di mortalità dei casi infettivi, ma che si ritrova invece alquanto più smorzata, o addirittura divenuta sorda, nelle idee degli individui e negli scontri, anche feroci – verbalmente e fisicamente – delle persone (perché molti ormai si sentono addosso una situazione di sofferenza verso le prescrizioni obbliganti, che per alcuni si rivelano di sostenibilità insopportabile).
Le partecipazioni al nostro Concorso contro il Virus Corona sono da tempo calate, e azzerate, proprio a causa della parziale assuefazione ad una situazione di stancante proseguimento, e per la difficile tollerabilità delle prescrizioni inibitive che le regole sanitarie continuano ad imporre, e che nella realtà dei fatti invece risultano del tutto necessarie ed utili per fermare il contagio e limitarne le conseguenze letali.
E proprio a causa della assurda recrudescenza ideologica delle ostitlità e contrarietà verso le misure restrittive ufficialmente disposte (ed anche imposte, giustamente) per la salvezza della gente, che hanno portato ad incredibili rifiuti, da parte di certa popolazione italiana (e mondiale), nel vaccinarsi e di esibire in pubblico la Certificazione Vaccinale (Carta Verde, o Green Pass), sostenuti con veemenza propositiva e perfino con violenza attuativa, ho sentito il dovere di riprendere l’argomento assopito del Concorso con un ulteriore intervento (per non – come si dice – abbassare la guardia) e tenere vivo un aspetto globale da non trascurare.
Il Certificato Verde
La significativa immagine, pubblicata sul giornale di Bologna ‘Il Resto del Carlino’ del 24 Luglio 2021, Una ragazza mostra il Green Pass sul suo Telefonino, presenta la condizione critica delle posizioni opposte adesso esistenti in Italia (e anche altrove) su questo aspetto di attestazione di avvenuta vaccinazione, ritenuta necessaria (ed anzi indispensabile) per provare istituzionalmente di essere provvisti di una ragionevole, e comprovata, difesa contro la diffusione personale del contagio [Figura 1].
Figura 1 – Fotografo Anonimo, Una ragazza mostra il Green Pass sul suo Telefonino (da ‘Il Resto del Carlino’ del 24 Luglio 2021). Il Certificato Verde (Green Pass), attestazione ufficiale di avvenuta vaccinazione contro il Vitus Corona (esibito con la dovuta Mascherina)
Una misura cautelativa che, a mio parere, e senza entrare nei vortici delle polemiche passate e in atto (e sicuramente ancòra future), tutela la persona che la espone e garantisce tutti coloro che ne vengono a contatto nelle condizioni di rapporto pubblico consentito, e designato.
Si tratta, soprattutto per la collettività, di una rassicurante attestazione di doveroso rispetto verso gli altri, per una circolante malattia che può colpire chiunque e ovunque.
Per altro il complesso disegno geometrico della Certificazione Verde (che rimanda ad una struttura cibernetica di micro-chip, ovvero di altro circuito elettronico integrato elaboratamente composto) mostra nel suo complesso una immagine che anche all’Arte in un certo senso attiene, ed appartiene, soprattutto per alcune opere neo- (o post-) astratte contemporanee, riferibili soprattutto alla Arte Ottica ed allo Strutturalismo Primario, ed ai loro precedenti della Astrazione geometrica.
La cui comparazione potrebbe rendere più piacevole, credo, esteticamente, o sopportabile culturalmente, la figura un poco dura e distanziante, e senza specifico significato comunicativo, della grafica anonimamente formale del Green Pass, emergente ogni volta – indifferente ma impositiva – sullo schermo dei Telefonini [Figura 2].
Figura 2 – Il caratteristico Codice QR (Quick Response, Risposta Veloce) di lettura della Certificazione Verde (Green-Pass di una Lavoratrice, foto di MedicoLavoro del 2021). Il QV è una etichetta ottica a barre, bidimensionale, per leggere informazioni inerenti ad un dato collegato ad un sistema di codificazione, inventato nel 1994 dal tecnico giapponese Masahiro Hara dell’azienda nipponica Denso Wave con sede a Kariya in Giappone
Non è un caso che questa somiglianza si possa percepire tipica nella trama polimorfa che il grande artista post-moderno franco-ungherese Victor Vasarely ha composto nella sua opera Varos del 1956, in un periodo di estremo cambiamento nella sperimentazione artistica, il cui rivolgimento verso i cambiamenti elettronici stavano cominciando a manifestarsi embrionalmente [Figura 3].
Figura 3 – Victor Vasarely, Varos, 1956. Uno dei primi singolari lavori ottici dell’artista ungherese vissuto a Parigi, la cui composizione si rivela alquanto simile ad un QR computeristico (o ad una piastrina di circuito integrato elettronico)
E neppure si possono considerare soltanto circostanziali, oppure evolutivamente ricavate da esperienze moderne di grande esplorazione tecnica (come quelle derivate dalle ricerche nella eccezionale Scuola di progettazione della Bauhaus tedesca, attiva dal 1919 al 1933), le trame rigidamente articolate della artista tedesca Anni Albers, esperta bauhausiana di tessuti e di stampaggio, riversate nei suo lavori post-bellici quali Impressione Duplice del 1978 o Meandri in Rosso del 1954 (opera, questa ultima, riportata, nel 2018, e dall’artista statunitense Fritz Horstman, in uno spessore tridimensionale adatto alla possibilità di percezione tattile anche da parte dei ciechi) [Figure 4-5, e 6].
Figure 4-6 – Due tipiche opere di Annelise Else Frieda Fleischmann (detta Anni, moglie del famoso insegnante e artista della Bauhaus tedesca, Josef Albers): Impressione Duplice del 1978 e Meandri in Rosso del 1954 [a sinistra e a destra]. La designer tedesca ha lavorato nel Laboratorio di Tessitura bauhausiano, diventando una esperta di tessuti e di stampaggio, di cui tentò anche la realizzazione di alcuni esemplari tattili (di cui nel 2018 l’artista statunitense Fritz Horstman ha eseguito alcune versioni in poliestere a spessore, adatte alla possibilità di loro percezione al tatto, anche da parte dei ciechi) [sotto]
Invece, nella più versatile – ed eterogenea – operosità ottico-cinetica di maggiore odiernità attualistica del citato Vasarely, molteplici trame composite si rincorrono ed impongono: dal semplice dinamismo cromatico-figurale degli elementi geometrici [Figura 7] alla loro combinazione tridimensionale in percettivi volumi altenatamente emergenti e rientranti [Figura 8], fino alla loro più esplicita, e piena, volumetricità fornita delle intersezini delle forme definite dai colori [Figura 9].
Figure 7-9 – Le molteplici trame composite del Vasarely post-moderno, sviluppantesi dal semplice dinamismo cromatico-figurale degli elementi geometrici (Majus, 1986-87) [sopra] alla loro combinazione tridimensionale in percettivi volumi alternatamente emergenti e rientranti (Photon- C, 1966) [sotto], fino alla loro più esplicita, e piena, volumetricità fornita delle intersezioni delle forme definite dai colori (Diam, 1988) [in basso]
Un geometrismo elementare e analogamente riproposto, che si ritrova anche – più semplificato e minimale – nelle opere di astrattismo concreto dello svizzero Max Bill [Figura 10]; il cui criterio compositivo tuttavia rimanda agli inizi della astrazione moderna,
Figura 10 – Il fisso vortice simmetrico della Composizione Concreta di Max Bill del 1990, eseguito dal longevo artista e architetto (nonché progettista industriale e grafico) svizzero negli ultimi anni della sua vita (è deceduto nel 1994 ottantaseienne), continuando la propria iniziale esperienza di Arte Concreta cominciata nel 1932-33 all’interno del gruppo internazionale Astrazione-Creazione
del primo decennio del Novecento, di genere linerare e rigidamente geometrizzata, che vede le sue tipiche affermazioni nelle ricerche figural-cromatiche del tedesco Paul Klee (con le sue evoluzioni formali, andanti dalla espressività formale alla griglia stabile formata) [Figure 11 e 12] che l’olandese Piet Mondrian ha saputo manieratamente codificare nei famosi princìpi di formalizzazione dell’opera inflessibilmente squadrata del Neoplasticismo [Figura 13].
Figure 11-13 – Le prime ricerche inerenti all’Astrattismo geometrico, condotte da due grandi Maestri della arte moderna: nelle opere figural-cromatiche del tedesco Paul Klee (anche egli noto artista ed insegante alla Bauhaus) procedenti dalla espressività formale (Flora sulla Sabbia, 1927) [sopra a sinistra] e giungenti alla griglia stabile deterministica (Armonia della Nordica Flora, anche essa del 1927) [sopra a destra], ed in un tipico esemplare neoplastico dell’olandese Piet Mondrian, nel caratteristico risultato di combinazione manierata dei suoi princìpi di formalizzazione dell’opera inflessibilmente squadrata e primariamente cromatica [sotto]
Una rigorosa rigidità, di proposizione ripetitiva nonostante la sua infinita possibilità di variazioni, che non poteva bastare alle evoluzioni espressive degli altri astrattisti, desiderosi di impegnarsi nella esibizione delle molteplici potenzialità delle forme geometriche poligonali, intere o spezzate [Figura 14].
Figura 14 – La variegata poliedricità dell’Astrattismo Italiano, in una opera di Mario Nuti (Composizione Complementare, del 1951) in cui è manifestamente esposta la necessità di una variante elaborazione formal-figurale della fissa rigidità compositiva dei propri colleghi europei
E così dai primi quadrati volanti del russo Kasimir Malevic, che aspiravano ad una fluttuante liberazione spaziale delle forme all’inizio della modernità artistica [Figura 15], fino ai suoi prosecutori post-moderni di rinnovata propositività più recente (come l’italiano Giuse Fiorentino nel suo Secondo Astratto Geometrico del 1961) [Figura 16],
Figure 15 e 16 – La molteplice continuazione astratta delle geometrie compositive, moderne e successive, nella levitazione degli elementi compositivi nello spazio del russo Kasimir Malevič (Composizione Suprematista – Aeroplano in Volo, del 1915) [sopra a sinistra] e nella articolazione poli-formale dell’italiano Giuse Fiorentino (Secondo Astratto Geometrico, del 1961) [sopraa destra]
si giunge alla deviante deformazione dell’Arte Informale [Figure 17 e 18], disgregatrice e disordinata, casuale e caotica, nel segno e nel gesto, e nella matericità dei mezzi di produzione dell’opera artistica, tanto caratteristica della odierna decostruzione filosofica e culturale, e della spiegazione fisica del comportamento dell’Universo.
Figure 17 e 18 – La strabiliante trasformazione espressiva dell’arte post-moderna, nel segno grafico e nella gestualità esecutiva impostata dalla casualità operativa dell’Arte Informale, in due tipici quadri morfologicamente dissolventi, e compositivamente caotici: del francese George Mathieu (nel suo Omaggio al Conestabile di Borbone del 1959) [sopra] e dello statunitense Jackson Pollock (Uno – Numero 31, del 1950) [sotto]
Un disordine però intellettuale e concettuale, prodotto ad arte appunto, che non ha nulla da spartire con i casi di violenza recentemente sviluppati per la protesta contro le presunte restrizioni libertarie nei confronti di uno strumento riconoscitivo della protezione salutare verso una pandemia mortuaria e devastantemente incontenuta (finora) [Figura 19]. L’assembramento consentito non può essere quello dello scontro contro le forze dell’ordine per fare valere una propria volontà di successo aleatorio [Figura 20];
Figure 19 e 20 – Disordine e caos nelle azioni estremizzate ed incontrollate delle manifestazioni di protesta recenti, rivolte alla opposizione nei confronti del vaccino e contro la obbligatorietà della Certificazione Verde: in due foto della Agenzia Ansa italiana (Assalto alla Cgil e No al Green Pass, entrambe scattate a Roma nel 2021, rispettivamente il 9 Ottobre ed il 28 Agosto) [sopra e sotto]
bensì può al massimo deve essere quello, tollerato per esigenze contingenti, di attendere il proprio turno, anche con sacrificio nei casi più estremi, per la dovuta vaccinazione [Figura 21]: unico rimedio contro lo sviluppo degli attacchi della pandemia [Figura 22].
Figura 21 – L’assembramento problematico, ma pacifico e tollerato per reali difficoltà logistiche contingenti, dei pazienti in attesa della loro somministrazione vaccinale (Vaccini Covid, caos a Bologna per l’Open Day: in migliaia in fila) pubblicata sul quotidiano sportivo ‘Tuttosport’ il 2 Luglio 2021 [sopra]
Figura 22 – Autore Anonimo, Vaccino, 2021. I tipici due elementi della nostra salvezza dalla diffusione pandemica: la boccetta dell’antivirus e la siringa di iniezione
Nella storia della Vaccinazione
Quel semplice atto salvatorio verso la nostra incolumità salutare e per quella di tutti (attestata dal Certificato Verde), non è altro che una normale prosecuzione di tante azioni simili precedenti, che hanno costituito la storia nostra della procedura medica e sanitaria verso le più gravi malattie, ed anche per proteggerci e guarirci dalle epidemie più leggere e passeggere (come l’influenza).
Tutti normali sistemi di risoluzione – efficace – per le malattie più diffuse.
E quel gesto semplice di inserimento di un ago nel braccio del paziente [Figura 23]
Figura 23 – Il fatidico atto di inserimento di un ago nel braccio del paziente per la somministrazione del vaccino (in una foto sui Vaccini del 2021 pubblicata dal Centro Vaccinale Polins di Portogruaro in Italia)
non fa altro che rimandare a quella, basilare e provvidenziale, prima prova di vaccinazione che 225 anni fa, nel 1796, il medico inglese Edward Jenner ha sperimentato sul proprio figlio per renderlo immune dal vaiolo [Figure 24, e 25].
Figure 24 e 25 – Il medico e naturalista britannico Edward Jenner, scopritore del vaccino contro il vaiolo, ottenuto dal siero di una mucca infetta ed iniettato sperimentalmente (quale conferma della bontà della sua azione) nel braccio del proprio figlio nel 1796: in una litografia a colori – Edward Jenner (1749 – 1823) del 1884 – incisa dal grafico francese Jean Claude Manigaud ripresa da un dipinto storico dell’artista belga Edouard Jean Conrad Hamman (che riporta l’evento con cui il medico “vaccina il suo infante figlio, con il sostegno della Signora Jenner”, sua moglie, mentre “una cameriera si rimbocca la manica e un uomo all’esterno tiene una mucca”) [sopra]; ed in un dipinto (Edward Jenner MD, ovvero Medico Dottore) del 1790 di autore ignoto, che lo ritratto il proprio soggeto alla età di 41 anni [sotto]
Una procedura divenuta, per i suoi effetti benefici, di grande popolarità e diffusione contro, una terribile malattia non soltanto orripilante a vedersi esteriormente ma anche per i decessi che causava in mancanza di rimedi opportuni [Figura 26]
Figura 26 – Fotografo Sconosciuto, Manifestazione Cutanea del Vaiolo nell’Uomo, senza data (ma forse del primo decennio del Novecento): la terribile devastazione fisica dell’effetto vaioloso
Elogiata ed esaltata – come del resto avversata ed ironizzata per la sua provenienza dal siero delle mucche – [Figure 27 e 28] la pratica vaccinale jenneriana nei fatti ha però limitato di molto le conseguenze del contagio, ottenendo negli anni sorprendenti guarigioni.
Figure 27 e 28 – Le inevitabili posizioni ideologiche opposte nei confronti del vaccino tra Settecento ed Ottocento, in una rappresentazione di pieno favore (Edward Jenner mentre effettua la prima vaccinazione contro il vaiolo nel 1796, dell’artista francese Gaston Mélingue, e del 1879) [sopra] ed in una caricatura di scetticità satirica (L’Origine della Vaccinazione, dell’incisore e stampatore parigino François Depeuille del 1799-1800) [sotto]: nel primo caso viene posta una estrema attenzione al ritenuto miracoloso mezzo di guarigione, con la gente stupita che assiste alla inoculazione; mentre nella altra situazione l’immagine mostra una scena distraente e divertita, con un medico accovacciato che estrae pus da una mucca insieme ad un contadino, ed un altro medico che invece si sofferma ad esaminare – galantemente – la mano di una graziosa lattaia
E come all’estero, anche in Italia le campagne tardo-ottocentesche per la vaccinazione contro il vaiolo hanno rappresentato un esercizio medico importante per la salute fisica nelle campagne, magnificate per la loro provvidenzialità salutare da pitture esaltanti, tanto da rappresentare perfino episodi di grande scenografia popolare, dal senso compositivamente teatrale, alla quale l’intera famiglia del malato partecipava, e cui perfino assisteva anche la gente del posto [Figure 29-30, e 31].
Figure 29-31 – La grande diffusione popolare della vaccinazione in Europa: in due dipinti italiani (del piemontese Demetrio Cosola – La Vaccinazione nelle Campagne del 1894 – e del toscano Arturo Luciani: Vaccinazione nella campagna senese, del 1903-04) [sopra e sotto] ed in una illustrazione francese, di artista ignoto, apparsa sul Piccolo Giornale parigino nel 1905 (Vaccinazione Gratuita del Vaiolo a Parigi) [in basso]
La vaccinazione contro il tifo o la cosiddetta spagnola, ha costituito poi un mezzo di salvezza per molti militari al fronte della Prima Guerra Mondiale; segnalato da opportuni manifesti illustrati, e propagandate da identiche cartoline di misura più ridotta e facilmente diffondibili [Figura 32].
Figura 32 – Arthur Gordon McCoy, Se Fallisco Egli Muore, 1918: cartolina propagandistica della Croce Rossa statunitense del Ohio per il reclutamento delle Infermiere, comprendenti l’opera di servizio vaccinale combattente le epidemie
Altra tappa importante della sperimentazione vaccinale è stata poi quella della inoculazione contro la rabbia, avviata dallo scienziato (chimico e microbiologo) francese Louis Pasteur e praticata definitivamente nel 1885 sul giovane ragazzo suo connazionale Jean-Baptiste Jupille [Figura 33].
Figura 33 – Disegnatore Sconosciuto, Sig. Pasteur – Una Inoculazione contro l’Idrofobia, 1885; illustrazione pubblicata sul periodico statunitense ‘Harpers Weekly’, esibente la vaccinazione contro la rabbia applicata al giovane francese morso da un cane “Jean-Baptiste Jupille sotto la guida di Pasteur”
E chi si dimentica, quindi, delle obbligatorie vaccinazioni scolastiche nel primo quindicennio del secondo dopoguerra, quando all’improvviso si presentava in classe un medico in camice e cominciava ad iniettare sieri dentro le nostre baccia di ragazzini, per salvarci dal tetano, dalla difterite, e dalla pertosse, ed altre malattie che non mi rammento più con precisione! [Figure 34, e 35].
Figure 34 e 35 – Fotografo Anonimo, Vaccinazione negli Anni 50-60, senza data (ma probabilmente del 1966) [sopra]; e Autore Ignoto, Una delle prime vaccinazioni contro la difterite eseguite all’inizio del 1900, senza precisazione dataria [sotto]
Nessuno di noi – e tantomeno i nostri genitori – si allarmava o protestava verso questo atto obbligatorio superiormente deciso “per il nostro bene” ed al quale ognuno di noi si sottoponeva docile e riconoscente.
E ugualmente come scordare la provvidenziale scoperta del vaccino contro la poliomelite, studiato dal 1947 dal medico e scienziato statunitense Jonas Salk e poi per la prima volta da lui iniettato nel 1954; che ha curato migliaia di bambini, e adulti, affetti da quella tremenda malattia degenerativa degli arti conducente alla paralisi [Figure 36-39].
Figure 36-39 – Jonas Salk, il noto medico e virologo statunitense inventore del vaccino contro la Poliomielite: nella famosa foto (Il Vaccino per la Polio di Jonas Salk) scattata nel 1954 dal noto “maestro di fotografia del 20esimo secolo” armeno-canadese Yousuf Karsh [sopra]; in un francobollo (Immunizza tuo figlio adesso!) disegnato dal grafico sudafricano Johann Van Niekerk ed emesso nel 1991 nel Transkei, regione del Sudafrica di Città del Capo [sotto]; e quindi negli edifici dell’Istituto di Studi Biologici che porta il suo nome, da lui fatto costruire (dal 1960 al 1965) a La Jolla negli USA dall’altrettanto famoso architetto estone-satunitense Louis Isadore Kahn (foto, rispettivamente, del Modello architettonico di autore sconosciuto del 1961 [più sotto], e del Cortile Interno di Liao Yusheng del 2017) [in basso]
E che la propaganda di maggiore effetto negli USA ha grandemente diffuso, attraverso la televisione, con la eccezionale ripresa in diretta della vaccinazione del giovane cantante di successo Elvis Presley [Figura 40].
Figura 40 – Seymour Wally (fotografo statunitense del ‘Daily News’ newyorkese), Elvis Presley mentre riceve una vaccinazione per la Poliomielite, 1956: la inoculazione venne effettuata al famoso cantante rock dal dottore Harold Fuerst con l’assistenza della dottoressa Leona Baumgartner negli studi televisivi della CBS (Sistema di Trasmissione Columbia) a New York, per sollecitare la popolazione federale a ricevere la vaccinazione
Ultima grande campagna vaccinale italiana di attualità è stata infine quella contro la Epatite; il cui antigene – chiamato comunemente Australia perché per la prima volta è stato isolato in un aborigeno australiano – ha una incredibile somiglianza iconografica con la puntinatura delle butterazioni vaiolose [Figure 41 e 42].
Figure 41 e 42 – Un curioso confronto figurativo tra il virus della epatite virale detto australiano (Particolare dell’antigene HBsAg visto al microscopio elettronico nella foto di autore ignoto del 1965) [a sinistra] e nella immagine di dettaglio della già citata Manifestazione Cutanea del Vaiolo nell’Uomo (vedere la Figura 26) [a destra]
In sèguito ovunque al mondo si è vaccinato per diversi morbi, con il tradizionale ago, o con la più veloce pistola meccanica per le operazioni di massa, in tutto il globo terrestre [Figure 43 e 44].
Figure 43 e 44 – La diffusione delle vaccinazioni nel mondo, in due immagini di fotografi sconosciuti: in India nel 1922 (Inoculazione contro la Peste a Bombay) [sopra] ed in Africa nel 1976 (Agenzia di Stampa Sygma, In Burkina Faso i ragazzi vengono vaccinati nel tentativo di contenere una terribile epidemia di colera) [sotto]
La nostra Terza Guerra Mondiale sanitaria
Eppure – incredibile ma vero – nella storia delle vaccinazioni si sono verificate anche manifestazioni favorevolissime (ed anzi reclamate a furor di popolo come si suole dire, ma pacificamente) nei confronti del vaccino, come quella esemplare verso il vaiolo avvenuta a Napoli nel 1973, e magistralmente documentata dagli scatti del noto fotografo partenopeo Riccardo Carbone [Figura 45].
Figura 45 – Riccardo Carbone, Proteste per il Vaccino del Colera a Napoli, 1973
Quelle colletttive richieste di piazza esigevano la necessità di ricevere un supporto medico idoneo per proteggersi da una malattia pericolosa, dilagante e devastante.
E per questa metaforica Terza Guerra Mondiale virologica di cui ho scritto più sopra, e che il sagace caricaturista italiano Mario Natangelo ha raffigurato nel 2020 come conquista della crosta terrestre da parte del personale medico nel gesto famoso del conficcamento della bandiera statunitense ad Iwo-Jima nel 1945 [Figure 46 e 47],
Figure 46 e 47 – Un confontro iconografico tra la vignetta di Vincita sul Covid (V-Day – il Giorno del Virus, o della Vittoria – dell’illustratore italiano Mario Natangelo del 2020) [sopra] e la famosa fotografia della Conquista di Iwo-Jima da parte dell’esercito degli Stati Uniti nel 1945 (scattata da Joe Rosenthal il 23 Febbraio) [sotto].
la nostra più potente arma da usare è proprio la Certificazione Verde, che conferma la avvenuta vaccinazione immunitaria [Figura 48].
Figura 48 – L’unica Arma efficace nella Guerra contro il Virus Corona: l’internazionale Green Pass (Corrado Gavinelli con Certificato Verde, foto di Mirella Loik del 2021)
Davvero di quel vaccino che – come dice la sua parola – proviene dal corpo delle vacche, secondo quanto spesso viene ammiccano figurativamente nelle opere d’arte sulla prima vaccinazione jenneriana [Figura 49].
Figura 49 – Il vaccino, notoriamente derivante dalle vacche, come viene figurativamente alluso nel dettaglio della già analizzata incisione manigaudian-hammaniana (vedere la Figura 24)
Di cui, approfittando della curiosa contingenza della mia casa di abitazione a Torre Pellice, spesso posso scorgere dal mio balcone diverse mandrie bovine al pascolo, nelle due brevi giornate di transumanza temporanea, sul prato ancòra inedificato non molto lontano, davanti [Figure 50 e 51].
Figure 50 e 51 – Due foto, di Ottobre 2021, di Corrado Gavinelli, mostranti le mucche di temporanea transumanza nel prato davanti alla sua casa [sopra e sotto]
Ed ogni esemplare singolo di quelle mucche, risalta proprio come l’animale bovino che il grande Edward Jenner ha disegnato (quale campione referenziale dei suoi esperimenti vaccinali) sul suo taccuino di appunti medici [Figure 52 e 53]: glorificando per sempre la effettiva eroina accantonata della grande storia delle guarigioni eclatanti.
Figure 52 e 53 – Paragone tra una tipica vacca piemontese (Corrado Gavinelli, Una Mucca osservata da vicino nel suo Recinto, 2021) [sopra] e l’esemplare bovino disegnato dal medico Jenner sul proprio taccuino di appunti, nel citato dipinto del 1790 di artista sconosciuto (vedere la Figura 25) [sotto]
Da cui è partito, e si è compiuto, il periglioso percorso delle inoculazioni sanitarie di salvezza dalle epidemie anche più gravi
Corrado Gavinelli – Torre Pellice, Ottobre 2021
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